Europa viva, Italia attiva

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Unione Europea e Italia: due attori che sembrano finalmente risvegliarsi da un letargo durato anche troppo a lungo su temi troppo importanti per essere stati lasciati a dormire o anche peggio.

I giorni scorsi sono stati portati all’attenzione delle Istituzioni UE problemi urgenti come quello dell’emergenza climatica, delle migrazioni, del rilancio dell’economia e altri ancora. Senza dimenticare temi che hanno sollevato comprensibili polemiche a proposito del titolo infelice, “Protezione dello stile di vita europeo”, incautamente affibbiato da Ursula von der Leyen al portafoglio del commissario greco all’immigrazione e la risoluzione del Parlamento europeo sul raffronto tra nazismo e comunismo.

A Malta sul fronte migranti, in una riunione ristretta a Consiglio (rappresentato dalla presidenza di turno finlandese), Commissione, Germania, Francia, Malta e Italia si è fatto non ancora un “Patto” ma solo un primo passo per l’accoglienza e redistribuzione migranti. All’ONU i responsabili europei hanno confermato il loro impegno sull’emergenza climatica, ma molto manca ancora perché si trasformi in politiche concrete dotate di risorse sufficienti.

Al Parlamento europeo il presidente della BCE, Mario Draghi, è intervenuto per l’ultima volta davanti alla commissione “Affari economici” e ha inviato un messaggio chiaro ai governi UE e, insieme, una consegna a Christine Lagarde, che gli succederà il 1° novembre.

Preoccupato per il rallentamento dell’economia mondiale ed europea sotto la pressione protezionista, Draghi ha ripetuto a chi lo volesse ascoltare che la politica monetaria, su cui pure si potrà fare ulteriore leva, non basta da sola a contrastare i rischi di crisi economica: per questo sono necessarie politiche anticicliche di cui non si vede traccia presso i governi nazionali. 

Nel mirino in particolare l’Olanda e la Germania, quest’ultima sempre riluttante verso manovre espansive nonostante, da una parte, il suo forte avanzo commerciale e, dall’altra, il rischio recessione provocato da una preoccupante caduta dell’industria manifatturiera dovuta alle tensioni commerciali internazionali. Come dire che c’è molto da rivedere nelle regole di bilancio, da non limitare solo al controllo del debito. 

Né queste basteranno da sole se non si mettono in moto profonde riforme strutturali in tema di giustizia, istruzione e ricerca. 

Quasi una traccia di programma di governo per l’UE e per i suoi Paesi membri e tra questi l’Italia, finalmente tornata al tavolo di Bruxelles a dialogare con le Istituzioni, senza necessariamente battere il pugno sul tavolo.

C’è stata nelle parole di Draghi una chiara eco al messaggio, misurato ma fermo, del Presidente Sergio Mattarella a ripensare il Patto di stabilità e successivi sciagurati “patti” come il “Fiscal compact”, accordo intergovernativo che è urgente rivedere prima che produca altri danni se dovesse esserci un ritorno di crisi.

Su questo fronte il governo italiano, non esente da tensioni interne, si sta apprestando all’impresa difficile di una legge di bilancio ormai imminente, al limite della quadratura del cerchio. Da una parte bisognerà rilanciare investimenti per la crescita, prevista molto al di sotto di un già modesto 1%, senza superare troppo un deficit del 2% e avviando finalmente una riduzione di un  debito pubblico che ha ormai superato la barra dei 2400 miliardi di euro, pari a oltre il 134% della prodotto interno lordo italiano.

Il tutto mantenendo l’impegno a sostenere con un “Patto verde” le politiche ambientali i cui costi elevati si spera possano non essere contabilizzati dall’UE nel calcolo del deficit, Paesi rigoristi del nord permettendo. 

Non si può dire che la strada non sia per tutti in salita. 

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