Europa frammentata in un mondo che sta andando a pezzi

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Era stato lanciato da Papa Francesco l’allarme di una “Terza guerra mondiale a pezzi”, quella attualmente in corso in focolai diversi ma che si vanno progressivamente saldando tra di loro. Guerre e conflitti che stanno frantumando il mondo e che rischiano di mandare in pezzi anche un’Unione Europea costruita con fatica dal 1950 ad oggi.

Per la verità le faglie nell’Unione Europea scricchiolano da tempo, già dal primo allargamento a nord nel 1973, con più inquietanti vibrazioni in questo secolo dopo l’allargamento a est, con l’ingresso dei Paesi in provenienza dalla dissolta Unione Sovietica.

Con i tempi turbolenti che si annunciano vale la pena rileggere la nuova mappa europea, le articolazioni al suo interno tra i 27 Paesi membri e quelle che si annunciano per i prossimi anni.

In ordine di importanza politica, prevale su tutti lo spazio dell’eurozona, oggi forte di 20 Paesi UE associati nella moneta unica, presto 21 con l’arrivo della Bulgaria. Si tratta di una compagine di natura federale, come l’Istituzione che la governa, la Banca centrale europea, dove si decide a maggioranza, in autonomia rispetto ai governi nazionali.

Per numero di Paesi aderenti non va dimenticato lo “Spazio Schengen”, tra i quali sono state eliminate in linea di principio le frontiere interne per favorire la libera circolazione: raccoglie 25 Paesi UE, senza Irlanda e Cipro, ma con altri 4 Paesi europei extra-UE (tra i quali Svizzera e Norvegia).

Esisteva, e da alcuni segnali potrebbe tornare ad aggregarsi almeno in parte, il “Gruppo di Visegrad”, il club di 4 Paesi orientati a remare contro l’integrazione politica europea: Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e, adesso dissociata, la nuova Polonia.

Muove in senso opposto, e con ben altro peso politico, il “Triangolo di Weimar” con Germania, Francia e la nuova Polonia, associazione creata nel 1991 e rilanciata all’indomani dell’aggressione della Russia all’Ucraina nel 2022.

Sotto la pressione della minaccia russa si è formata recentemente un’alleanza tra Paesi del Baltico e dintorni, di cui fanno parte Germania, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Lettonia, Norvegia, Polonia, Svezia, Islanda e UE.

Tutto questo in attesa che si chiariscano i rapporti con gli Stati Uniti all’interno dell’Alleanza Atlantica (NATO), della quale non fanno parte 4 Paesi UE (Austria, Cipro, Irlanda e Malta) e, naturalmente, l’Unione Europea in quanto tale.

Già questa lista di aggregazioni all’interno dell’UE è lunga e non esaustiva, ma si complica ulteriormente se diamo uno sguardo al di fuori dell’UE, ai nuovi Paesi in attesa di adesione, dai Balcani alla Moldavia e alla Georgia fino all’Ucraina, già presenti insieme ai Paesi UE nel Consiglio d’Europa a Strasburgo e alle alleanze di alcuni Paesi UE a livello mondiale, come nel caso del G7 o del G20 che raccolgono i Paesi più sviluppati, per l’Unione Europea Germania, Francia e Italia.

C’è da chiedersi come questo complicato puzzle europeo, risultato di una stagione politica in evoluzione, possa far fronte al mondo a pezzi che sta sfidando un’Europa, piccolo continente frammentato e a rischio decomposizione.

I più ottimisti potrebbero vedervi un laboratorio dove si sperimentano alleanze flessibili dentro un contenitore dal perimetro ampio, unico in grado di competere con vecchie e nuove potenze mondiali in accanita competizione tra di loro.

Più realisticamente si tratta di un quadro politico che fornisce elementi di valutazione in vista di quell’Europa a più velocità di cui si continua a parlare, e che forse qualcuno già progetta sotto traccia, per svegliare l’Unione dal lungo sonno in cui è piombata.

Intanto tutte queste articolazioni raccontano che una “Unione a più velocità” esiste da tempo: non si tratta adesso di inventarla, quanto piuttosto di saldarla con una visione unificante nei valori, flessibile nelle regole di funzionamento e efficace nelle politiche, con Istituzioni democratiche in grado di governarla nel rispetto del principio di sussidiarietà, promuovendone con più determinazione una reale partecipazione attiva dei suoi cittadini.

Non sarà un’impresa facile: aiuta constatare che non vi è alternativa, se vogliamo un ruolo dell’Europa in questo mondo fuori controllo.

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