Mentre la guerra alle frontiere orientali dell’Europa non accenna ad aprire spiragli di tregua e tantomeno di pace, un’altra guerra, combattuta con altri strumenti, continua a mietere vittime alle frontiere meridionali del Vecchio Continente, nel Mediterraneo.
Si tratta di una guerra che ha il volto di migliaia di persone che cercano di attraversare quel braccio di mare che separa l’Europa dall’Africa, persone che fuggono non solo da guerre e conflitti, ma anche dalle tante sfide che il Pianeta dovrà affrontare e dove ormai il tempo a disposizione è quasi scaduto. Cambiamenti climatici, insicurezza alimentare, disuguaglianze e povertà mettono a dura prova un’intera popolazione che non esita a mettere in gioco il valore della propria vita. L’obiettivo è raggiungere quei porti d’Europa che potrebbero aprire nuove prospettive di futuro, ma che con l’andare del tempo diventano porti sempre più inaccessibili, che innalzano barriere e respingono i loro pericolosi barconi con il sostegno e la collaborazione dei Paesi d’imbarco.
Per l’Europa, purtroppo, l’obiettivo di molti migranti prende solo il nome di lotta all’immigrazione illegale e di protezione delle frontiere esterne dell’Unione. Una risposta di fronte alla quale si ergono i sempre tragici numeri dei flussi e delle vittime in mare.
È in questo contesto che si è tenuta a Roma il 23 luglio la “Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni”, voluta con tenacia dal Governo italiano, affiancato dalle Istituzioni europee, ma senza la partecipazione di Germania e Francia. La Conferenza aveva il grande obiettivo di istituire e organizzare una cooperazione internazionale “per la crescita e lo sviluppo del Mediterraneo allargato e l’Africa”. Obiettivo ambizioso e di lunga prospettiva ma che in sostanza ha il limite di scambiare il sostegno economico e di sviluppo ai Paesi di partenza coinvolti con un maggiore controllo e contrasto ai flussi migratori.
Al riguardo, vale la pena dare uno sguardo ai Paesi partecipanti alla Conferenza alla presenza della sponda sud del Mediterraneo allargato, 21 Paesi fra i quali Tunisia, Libia, Egitto, Turchia, Niger, Algeria, Emirati arabi, Arabia Saudita, Qatar…Sono, in buona parte, Paesi su quali sorgono inquietanti interrogativi sul ruolo che potranno svolgere al riguardo, non solo nell’immediato futuro, ma anche in una prospettiva a lunga scadenza, come richiede l’attuazione dell’obiettivo della Conferenza stessa.
Turchia, Libia e Tunisia, sono ad esempio tre Paesi con i quali l’Unione Europea ha già stretto accordi per la sorveglianza delle sue frontiere nei confronti delle migrazioni, accordi che mettono a rischio i valori dell’Unione, in termini soprattutto di diritti dell’uomo e della protezione dei migranti stessi. Presentato come un grande successo, dietro il recente accordo raggiunto con la Tunisia, ad esempio, si muovono le ombre dei maltrattamenti e delle torture di Sfax nei confronti dei migranti subsahariani. Per quanto riguarda la Libia, rimane senza risposta anche l’interrogativo di una cooperazione con un Paese fortemente instabile e, a tutt’oggi, senza un Governo di unità nazionale. Sono accordi che, sembra, non rimarranno isolati, come lasciano presagire i futuri negoziati, ad esempio, tra Unione Europea, Egitto e Marocco. Accordi che pagano un forte prezzo anche in termini di un approccio politico europeo lungimirante, condiviso fra gli Stati membri, basato anche sull’accoglienza e sulla solidarietà.
La Conferenza di Roma ha avuto il merito di mettere il dito sulla tragica sfida delle migrazioni, affrontando tuttavia il tema dall’angolo del contrasto e della protezione dell’Europa.
Il grande continente africano, che si estende alle nostre immediate frontiere meridionali é, da tempo a questa parte, anche nelle mire geopolitiche di altri importanti attori globali. Un interesse coltivato in particolare dalla Cina, che costruisce instancabilmente la sua Nuova Via della Seta e dalla Russia, la quale, dopo aver mandato avanti i mercenari della Wagner affinché facessero man bassa delle preziose risorse africane, non esita a convocare a San Pietroburgo, il 27 luglio, un Vertice Russia – Africa. Tema del Vertice “Pace, sicurezza e sviluppo”, un programma che ha un sapore altrettanto amaro, se si pensa che proprio la Russia tiene oggi in ostaggio la sicurezza alimentare di molti Paesi dell’Africa.