Diritti umani: 60 anni dalla Dichiarazione universale

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àˆ del 10 dicembre 1948 l’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani da parte degli Stati allora membri delle Nazioni Unite. Per la proclamazione del diritto, quella fu una stagione intensa e positiva: il 1° gennaio dello stesso anno entrà   in vigore la Costituzione italiana e l’anno successivo fu creato il Consiglio d’Europa, organismo intergovernativo che ha tra le sue missioni la salvaguardia dello Stato di diritto. Il contesto in cui tutto ciಠavvenne – nel mondo, in Europa e in Italia – fu quello del dopo-guerra, a ridosso dell’infinita tragedia che sconvolse il mondo e registrಠgravissime violazioni dei diritti umani, di cui una delle manifestazioni più crudeli furono i campi di concentramento.
Oggi, a distanza di sessant’anni da quelle date, è doveroso interrogarsi sui risultati raggiunti e sulle prospettive che abbiamo davanti. Se da una parte non c’è dubbio che il lavoro, variamente coordinato, delle Istituzioni internazionali e delle forze politiche di progresso, dei movimenti della società   civile e dell’impegno di molti attori della comunità   ecclesiale ha alimentato una cultura del diritto e alzato la soglia di salvaguardia di garanzie minime per tutti, non si possono tuttavia occultare persistenti zone d’ombra e inquietanti arretramenti e involuzioni recenti.
L’elenco delle violazioni e delle discriminazioni sul tema dei diritti umani è lungo e tende a dilatarsi ogni giorno di più. Questo avviene non solo nei Paesi in regime di dittatura o vittime di conflitti ma anche, e in modo crescente, in altre aree del mondo che vivono condizioni di pace e in democrazie recenti, ma anche di vecchia data. Per non citare soltanto grandi Paesi come la Cina o la Russia o più piccoli come quelli dell’America Latina e dell’Africa, l’elenco potrebbe proseguire più vicino a noi con Paesi dell’area mediterranea fino a raggiungere il cuore dell’Europa, l’Unione europea e, in essa, anche l’Italia.
E forse è proprio da qui che sarebbe opportuno partire per una riflessione sul rispetto e la promozione dei diritti umani e sulla loro effettiva esigibilità  . àˆ bene cominciare da qui, da questo spazio che si vanta di essere stato la culla del diritto e che per questo è tentato di fare la lezione ai «trasgressori», dimenticando le prevaricazioni coloniali del passato e le erosioni del diritto di oggi.
Per arginare questa deriva, l’Unione europea aveva avviato agli inizi degli anni Ottanta un nuovo cantiere per la salvaguardia e la promozione dei diritti fondamentali dei suoi cittadini. Non è stata un’impresa facile ed è a tutt’oggi ancora incompiuta. Lo testimonia la vicenda torturata della Carta dei diritti fondamentali, nata con decisione del Consiglio europeo di Colonia nel 1999 e firmata dai presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio europeo e della Commissione nel dicembre del 2000 a Nizza: presto saranno 10 anni che quel cantiere è stato avviato e la Carta non ha ancora trovato una collocazione nei Trattati dell’UE che la renda vincolante. Prima allegata al Trattato di Nizza, poi inserita nel Progetto di Costituzione affondato dai referendum francese e olandese e oggi appesa ad un filo al Trattato di Lisbona, rifiutato recentemente dall’Irlanda e in attesa di una problematica adozione nel corso del prossimo anno.
Si tratta di una vicenda rivelatrice di quanto sia difficile passare da una dichiarazione di principio ad un esercizio effettivo dei diritti, quando questi non sono realisticamente esigibili e la loro violazione non è accompagnata da sanzioni.
Perchè se è importante «dire il diritto» è perಠdecisivo che questo possa venire applicato. Anzi vi è un reale pericolo in un eccesso di Dichiarazioni non seguite da concrete applicazioni, quasi uno svuotamento del diritto con conseguente sfiducia nelle istituzioni che lo proclamano. Viene in mente l’amaro monito rivolto a suo tempo dallo scrittore americano Mark Twain: «Appoggiatevi forte sui principi, finiranno per cedere!». Forse è per questo che si avvertono nell’aria anche in Europa, e più ancora nel nostro Paese (si pensi al tema dell’immigrazione o alle vicende recenti del dopo G8 a Genova, tra gli altri) inquietanti scricchiolii. Come se qualcuno pensasse che ormai, raggiunti i sessant’anni, quella Dichiarazione dell’ONU e la nostra Carta costituzionale possano tranquillamente andare in pensione.

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