Democrazia in Europa tra sondaggi e voto

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Se da una parte ha stupito più d’uno il Presidente Sergio Mattarella non parlando di Europa nel suo saluto di fine anno, dall’altra non è stato banale il richiamo al voto come esercizio di libertà a differenza della fragilità dei sondaggi: un richiamo evidente alle molte elezioni che aspettano gli italiani in questo 2024 e, tra queste, quelle per il Parlamento europeo del prossimo 9 giugno.

In vista di questa scadenza importante per il nostro futuro non sono i sondaggi ad allarmare, è l’esercizio del voto dei cittadini, uno dei presidi fondamentali per la salvaguardia della democrazia in una stagione di una sua particolare debolezza che potrebbe metterla a rischio.

Si è molto attirata l’attenzione sulle numerose consultazioni elettorali che terranno con il fiato sospeso questo incerto 2024, alcune perché solo una finzione democratica, come in Russia a marzo, altre perché in contesti politici di democrazie fragili come nel caso di Stati Uniti, India e altrove. Per ora nessuno dei due casi sembra essere quello delle elezioni del Parlamento europeo, né nel Regno Unito, ma non per questo tutto è tranquillo.

Nell’Unione Europea la partecipazione al voto per il Parlamento di Strasburgo ha disegnato una curva in progressiva riduzione, dall’86% dell’affluenza nelle prime elezioni a suffragio universale diretto del 1979 al 55% delle ultime elezioni del 2019, con una partecipazione della fascia di età 18/24 anni del 43% nell’ultima consultazione. E già questo è motivo di particolare preoccupazione se si hanno in mente i problemi che sfideranno l’Europa nei prossimi anni e le cui soluzioni vanno cercate senza tardare oltre, se le future generazioni vorranno godere di una qualche forma di sicurezza e benessere.

Fin da subito è indispensabile rafforzare la partecipazione al voto per mettere in sicurezza una democrazia rappresentativa in affanno, con Istituzioni sempre più lontane da cittadini che riconoscono poco credito alla politica, molti anche senza rendersi conto della precarietà della situazione. Lo rivela un recente sondaggio – in attesa che sia il voto a fare chiarezza – secondo il quale solo il 28% per cento degli intervistati ritiene che la priorità per l’Italia sia “il funzionamento delle Istituzioni e la situazione politica” e non consola constatare che solo per il 4% la priorità siano “le guerre, le tensioni internazionali e la crisi energetica”.

Un quadro che probabilmente non si discosta molto dal clima politico europeo, dove scricchiolano le regole minime della democrazia, non solo in Ungheria e dintorni, ma anche in Paesi come Francia e Italia. I nostri vicini lo hanno sperimentato con un Parlamento messo a tacere in materia di riforma delle pensioni e in confusione a proposito della nuova legge sui migranti.

In Italia, a fine dicembre, il rifiuto di ratificare un accordo, liberamente convenuto da oltre dieci anni, come il “Meccanismo europeo di stabilità” (MES), è stato seguito poco dopo dalla decisione di persistere nell’infrazione denunciata da tempo da Corti europee ed italiane a proposito delle concessioni balneari e delle regole della concorrenza per gli ambulanti, provocando un ennesimo richiamo alle Camere e al governo da parte del Presidente della Repubblica per il rispetto dei Trattati europei, dei quali per la Costituzione Sergio Mattarella è garante.

Se è dal mattino che si vede il buongiorno, i mesi che ci separano dalle prossime elezioni europee  del 6 giugno non mandano segnali rassicuranti sul rispetto delle regole democratiche e non stimolano i cittadini al rafforzamento della partecipazione politica, un valore aggiunto della democrazia, senza la quale questa rischia di diventare anche da noi una finzione.

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