Si è conclusa oggi la tanto attesa Conferenza di Rio +20, destinata da una parte a fare il punto sui progressi fatti negli ultimi vent’anni e dall’altra ad assumere i futuri impegni politici e finanziari per porre rimedio alle gravi malattie di cui soffre il nostro Pianeta.
Ambiente, sviluppo sostenibile, sicurezza alimentare, economia verde, giustizia sociale erano i cinque temi legati fra loro che dovevano portare i 198 Paesi presenti a Rio, nei loro distinti e possibili contributi, ad adottare misure concrete e misurabili nel tempo, volte ad invertire la tendenza di uno sfruttamento pericoloso delle risorse della Terra e di un costante aumento demografico, che non potrà essere sostenibile nei decenni a venire.
La Conferenza di Rio + 20 si è conclusa, per quanto riguarda i responsabili politici mondiali, come se la Terra godesse di una discreta salute e come se ben altre fossero le priorità da affrontare in un contesto di crisi economica globale. Il documento finale infatti non rispecchia certo la consapevolezza di quanto il futuro dei popoli e del Pianeta siano così intimamente legati all’urgenza di mettere in cantiere le politiche adeguate per produrre, sfruttaree ridistribuire le risorse in modo sostenibile e per frenare gli squilibri economici, sociali ed ambientali che appaiono sempre più evidenti.
Eppure, il rapporto del UNEP, (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) redatto per preparare la Conferenza, parla abbastanza chiaro nell’illustrare dati più che allarmanti. Per fare alcuni esempi, dal 1992, la popolazione mondiale è cresciuta di 1,3 miliardi di persone e più della metà (3,5 miliardi) vive oggi in aree urbane; le emissioni globali di CO2 sono aumentate del 36% (di cui l’80% emesse da soli 19 Paesi) dovute in particolare all’aumento dell’uso dei fossili; la temperatura è globalmente aumentata così come i livelli dei mari; l’area delle foreste primarie è diminuita di 300 milioni di ettari (quanto la superficie dell’Argentina; la produzione di materie plastiche è aumentata del 130%, creando seri problemi di smaltimento a lungo termine, mentre le catastrofi naturali sono raddoppiate. Il documento, pur sottolineando gli sforzi fatti dal 1992 e la sensibilità venutasi a creare su questi temi, non nasconde che le sfide per uno sviluppo e un futuro sostenibili sono oggi più che mai presenti.
La debolezza degli impegni presi a Rio, che assomigliano più ad una dichiarazione di buone intenzioni, ha messo allo scoperto i nuovi rapporti di forza che si sono venuti a creare sulla scena mondiale negli ultimi 20 anni. I Paesi emergenti non sono disposti a riorientare la loro crescita economica in favore di obiettivi non immediatamente fruibili, mentre i Paesi sviluppati non dispongono più delle risorse finanziarie necessarie per impegni di lungo periodo.
L’Unione Europea si era presentata tuttavia a Rio con un’agenda ambiziosa, ma non rimane quasi nulla dei punti proposti nella Dichiarazione finale. Sebbene, attraverso i suoi rappresentanti, si sia dichiarata insoddisfatta del risultato della Conferenza, non si possono negare gli sforzi e gli orientamenti politici che l’UE ha messo in atto in questi ultimi anni. Ma la strada è ancora lunga e, in mancanza di una leadership mondiale in materia, l’Unione Europea potrebbe diventare un esempio da non sottovalutare.