Da quale parte della frontiera?

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Il 19 aprile scorso 16 ragazzi della classe IIC della scuola media di Villanova Mondovì hanno partecipato a un viaggio-premio a Ventimiglia a conclusione di un concorso nel quadro del progetto PACE, di seguito il racconto della giornata e alcune riflessioni 

E se una frontiera fosse solo la linea immaginaria che divide due Stati?

Dipende da chi sei, come ha detto più volte Daniel Del Ministro, incaricato da APICE (Cuneo) e da “Popoli in arte” (Ventimiglia) di accompagnarci in un intenso “esercizio di cittadinanza” proposto ai vincitori del concorso “free4eu la libera circolazione secondo noi”.

È immaginaria la frontiera dei Balzi Rossi per Giacomo, che abita a Ventimiglia e che ogni tanto va a fare merenda a Menton e per Camille, che da Menton ogni venerdì viene al mercato di Ventimiglia per lo shopping.

Non lo è per Abdellah, pastore sudanese che vuole solo studiare e dare a sé e alla propria famiglia un futuro migliore o per Marianne che è fuggita dalla Nigeria e ha una zia che l’aspetta in Francia dove vorrebbe laurearsi.

Ne abbiamo conosciuti tanti di Abdellah e di Marianne attraverso le parole delle persone che abbiamo incontrato persone che sono “fuori dall’ordinario” ma fanno solo il proprio lavoro, la propria parte.

Fa il suo lavoro Delia, la proprietaria del bar Lo Hobbit: «io non sono una volontaria – racconta – io ho un bar. Se in questa città in cui non si può più distribuire cibo per strada arriva da me una persona che non mangia da giorni cosa posso fare io?».

Fa la sua parte Don Rito Alvarez, parroco di Sant’Antonio alle Gianchette, per l’occasione arbitro, a fine giornata, della partita di calcio tra i nostri ragazzi e quelli ospiti del centro di accoglienza.

Fa la sua parte, con tutte le criticità del caso anche l’Amministrazione comunale che, nella persona del sindaco (Enrico Ioculano) e della vice sindaca (Silvia Sciandra) ha dialogato per circa un’ora con i nostri ragazzi.

Ma anche i molti Abdellah e Marianne che arrivano e chiedono «perché non posso andare dall’altra parte?» fanno solo la loro parte, ciò che è giusto per loro.

Non vogliono farsi vedere, vogliono andare via, qualcuno li aspetta in Europa e allora non importa se è necessario camminare accanto ai binari, salire sul tetto di un treno o affidarsi a un passeur. L’importante è andare e non «restare in trappola» come si sentono sapendo che ogni giorno trascorso fermi qui è un costo economico e umano per loro e per chi è rimasto a casa.

A casa ci torniamo anche noi; anche noi un po’ in trappola per quella domanda a cui non sappiamo rispondere: «perché non posso andare dall’altra parte?»

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