Cina e USA ridimensionano la Conferenza di Copenaghen

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Nella Conferenza dell’ONU sui cambiamenti climatici, che si terrà   a Copenaghen nei giorni 7-18 dicembre prossimi, non ci sarà   nessuna decisione vincolante per ridurre le emissioni di CO2: lo hanno deciso Cina e USA ignorando così gli appelli dell’UE.
I leader delle due potenze mondiali, riuniti a Singapore nel Vertice dei Paesi dell’Asia-Pacifico (APEC), hanno infatti ritenuto «irrealistico attendersi un accordo entro 22 giorni», perchà© «lo stato dei negoziati ha portato a escludere la possibilità   di un’intesa in tempi così ravvicinati». La Conferenza di Copenaghen dunque, secondo i leader di Cina, USA e di altri Paesi partecipanti al Vertice di Singapore, ancora una volta rappresenterà   un punto di partenza e non di arrivo.
Ne esce male l’UE, il cui impegno nella riduzione delle emissioni e le cui richieste agli altri Paesi di fare lo stesso sono stati tranquillamente ignorati da Cina e USA, mentre il premier danese Lars Rasmussen, padrone di casa della Conferenza di dicembre, è stato semplicemente convocato a Singapore per prendere atto di quanto deciso da USA e Cina e cioè che in Danimarca non sarà   presa alcuna decisione.
Quel che si temeva rispetto al possibile fallimento della Conferenza di Copenaghen, e alle gravi conseguenze che ciಠavrà   sulla sostenibilità   ambientale del pianeta, è diventato dunque ufficiale con grande anticipo ed è stato deciso unilateralmente dalle due principali potenze mondiali, senza le quali qualsiasi accordo globale risulta vano e inutile.
Cina e USA hanno un interesse comune a posticipare qualsiasi accordo post Kyoto pur partendo da motivazioni diverse: mentre la Cina di Hu Jintao, che ha lanciato massicci investimenti nelle energie rinnovabili, non accetta vincoli esterni sulle emissioni nocive perchà© teme «dazi verdi» e ritiene che la riduzione di CO2 spetti anzitutto ai Paesi di più vecchia industrializzazione perchà© hanno le maggiori responsabilità   nei cambiamenti climatici, gli USA del nuovo corso di Barack Obama sono pur sempre alle prese con un Congresso poco incline ad accettare un accordo vincolante e con potenti lobby industriali impegnate a impedire la riforma sull’ambiente.

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