Caucaso: crocevia o vicolo cieco?

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Nello scorso afoso e olimpico mese d’agosto ha fatto inaspettatamente irruzione, agli immediati confini dell’Europa, una guerra breve e violenta che ha lasciato il segno sulle future relazioni fra Est e Ovest: la guerra in Caucaso. Molto ormai è stato scritto in proposito e, ora che i toni si sono abbassati sull’attualità  , appare indispensabile cercar di capire la storia recente di questa regione che ha dimostrato, attraverso questa guerra, tutta la sua importanza geostrategica.
L’imponente catena montagnosa che da est ad ovest divide il Caucaso in due è oggi frontiera fra un Caucaso del Nord che fa parte della Federazione russa e un Caucaso del Sud (Transcaucasia), suddiviso in tre Repubbliche indipendenti dal 1991: Georgia, Armenia e Azerbaijan. Da sempre regione in preda a conflitti e importante mosaico di etnie e religioni, il Caucaso è un corridoio di passaggio e un anello di congiunzione fra Asia ed Europa. Oggi, da terminale periferico a sud dell’impero sovietico, è diventato crocevia di nuove vie commerciali, economiche, culturali, politiche e strategiche. La ragione principale di questa nuova posizione va ricercata nell’apertura simultanea dell’Asia centrale ex sovietica, del Mar Caspio e del Mar Nero, considerato quest’ultimo fin dal 1945 come un lago sovietico. Non solo, ma questa apertura ha coinciso con la scoperta di importanti giacimenti di petrolio e di gas nei Paesi che si affacciano sul Mar Caspio, in particolare Azerbaijan, Turkmenistan e Kazakstan.
Si comprende quindi facilmente l’importanza geostrategica di questo piccolo territorio che, malgrado una ritrovata indipendenza a sud, si porta appresso una pesante eredità   del periodo sovietico, soprattutto in termini di presenze e mescolanze etniche difficilmente gestibili come ha dimostrato la guerra d’agosto.
Infatti, eredità   del periodo sovietico è l’integrazione nei confini della Georgia dell’Ossezia del Sud e dell’Abkazia, nonchà© l’integrazione nel territorio azero dell’enclave armena dell’Alto Karaback. Questa situazione è esplosa agli inizi degli anni Novanta con le guerre che hanno poi portato a dichiarazioni di indipendenza di questi Stati non-Stati, mai riconosciuti a livello internazionale, ma oggi con rinnovati obiettivi in tal senso. I conflitti hanno ovviamente lasciato sul terreno delle situazioni irrisolte e costantemente oggetto di instabilità   e insicurezza nei tre Paesi. Non solo, ma i rapporti fra i tre Paesi stessi non hanno mai goduto di un’effettiva cooperazione o di una reale prospettiva di integrazione regionale in grado di stabilizzare la regione. La Georgia, soprattutto dopo la «rivoluzione delle rose» del 2003, aveva chiaramente fatto la scelta di avvicinarsi all’Europa e all’Occidente, scelta messa in pericolo con gli ultimi avvenimenti; l’Armenia, in parte perchà© chiusa nel ricordo del genocidio del 1914 e in parte per il conflitto dell’Alto Karaback, ha preferito mantenere un rapporto privilegiato con la Russia e chiudere le sue frontiere con la Turchia e l’Azerbaijan, lasciando aperto solo il confine con Georgia e Iran; l’Azerbaijan, ora ancor più ricco di petrolio e gas, pur mantenendosi nella sfera della Turchia per lingua e religione puಠpermettersi una sua politica di equidistanza.
La situazione in Caucaso è quindi molto complessa e carica di incertezze sul futuro, non più solo a livello locale, ma soprattutto oggi a livello internazionale. Su questo territorio sono stati disegnati, attuati e prospettati da Europa e Stati Uniti passaggi di nuovi oleodotti e gasdotti, evitando il transito nella Federazione russa; è punto di osservazione e di controllo del Medio Oriente e del suo petrolio ed è soprattutto il confine sud con la Russia. La guerra d’agosto ha riportato sotto i riflettori questa sensibilissima situazione in cui si giocano importanti interessi dei «grandi», Europa compresa.
Il futuro del Caucaso comunque non sarà   solo nel tracciato degli oleodotti, o in un nuovo rapporto e dialogo con la Russia, ma sarà   soprattutto nella capacità   di una gestione democratica delle identità   dei suoi abitanti. Per questo serve anche la presenza di un diritto internazionale rispettato e accettato da tutti. In mancanza di questo, possono ripetersi all’infinito le guerre d’agosto, con il risultato di dividere ancor più e di non arrivare mai a un disegno coerente e duraturo di stabilità   e di pace.

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