Bruxelles, Roma, Cinisi ben più di 100 passi per il 9 maggio

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Era il 9 maggio 1978 e mentre un’Italia provata e sgomenta guardava in tv le immagini del ritrovamento del corpo dell’onorevole Aldo Moro in Via Caetani a Roma, a Cinisi trovava la morte «in circostanze misteriose» Giuseppe Impastato (Peppino), non ancora trentenne, divenuto poi un personaggio simbolo della lotta antimafia.

Figlio e nipote di “uomini d’onore” (imparentati con Gaetano Badalamenti), Peppino ebbe, e fu tra i primi, il coraggio di dire il suo no, di rompere i rapporti con la sua famiglia e di essere cittadino responsabile, consapevole e coerente, con le sue scelte tutto sommato “ordinarie” per quegli anni: l’impegno politico per un mondo migliore, la fondazione di una radio libera (radio aut), la curiosità di sapere, di capire e molti altri quotidiani gesti per la giustizia e la legalità.

Nessuno o quasi nell’Italia di allora si accorse di quella morte e coloro che se ne accorsero sembrarono credere alla versione ufficiale dei fatti «suicidio eclatante» di un terrorista che stava piazzando dell’esplosivo sui binari.

Ci vollero oltre vent’anni di battaglie giudiziarie e civili da parte degli amici di Peppino (dal cui impegno nasce il Centro studi a lui dedicato) di “mamma Felicita” e di molti cittadini per arrivare alla verità: Peppino venne ucciso per volontà del capo clan di Cinisi, “Don Tano” Badalementi, condannato all’ergastolo e poi deceduto in carcere.

Da quel 1978 il 9 maggio è diventato per l’Europa giornata di “festa” (a ricordare la dichiarazione di Schuman), per l’Italia giornata istituzionale dedicata alla memoria delle vittime del terrorismo (in onore di Aldo Moro), ma in una giornata come questa un pensiero va anche a Peppino Impastato e a tutte quelle persone “straordinarie nell’ordinario” che silenziosamente, e quotidianamente  hanno fatto la storia di questo Paese.

Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. – Peppino Impastato,

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