Addio 2018, anno di poche speranze per il futuro

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Il 2018 se ne va, lasciando dietro di sé tanti scenari aperti sullo scacchiere internazionale. Sono scenari che segnano in modo esplicito importanti cambiamenti in corso e sui quali, almeno nella maggior parte dei casi, pendono inquietanti interrogativi sulle prospettive di evoluzione.

La questione principale che il 2018 ha particolarmente messo in evidenza è la trasformazione in corso dell’ordine mondiale, in cui, mentre si assiste al continuo vacillare del multilateralismo, avanza in modo caotico un multipolarismo dai contorni ancora incerti ma che sembra orientarsi verso una rimessa in discussione di quell’equilibrio e dialogo globale fra Stati pazientemente costruito a partire dal secondo dopoguerra.

In questo contesto, trainato in modo particolare dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ma anche da Russia e Cina, i temi della pace e del disarmo, delle migrazioni, dei cambiamenti climatici, dello sviluppo sostenibile e del commercio assumono riflessi nuovi, meno prevedibili sul lungo termine e sempre più ostaggio di presuntuosi interessi nazionali.

Per quanto riguarda la pace, nessun conflitto, ai confini dell’Europa ha trovato una soluzione, anzi. In Siria, la guerra, sebbene circoscritta in alcune zone, continua, soprattutto nel Nord, dove l’esercito turco sembra pronto ad intervenire nelle aree controllate dai curdi. Una prospettiva che potrebbe aprire un nuovo capitolo di questa guerra che dura ormai da sette anni. Dal 2011 infatti,  ha cambiato volto più volte, fino a diventare un vero e proprio conflitto fra potenze regionali e globali per il controllo di un Paese, di una regione e delle sue ricchezze geostrategiche. In questi giorni, il Presidente Trump ha annunciato il ritiro dei soldati americani dalla Siria, dichiarando “La Siria non ci riguarda più, abbiamo sconfitto l’ISIS”. La realtà non è cosi e Trump ha lasciato il Paese nelle mani di altri attori, in primis nelle mani della Russia e di Bachar al Assad, i veri vincitori, e poi della Turchia e dell’Iran. Da questo punto di vista,  il 2018 segna la fine dell’interesse dell’intero Occidente, e non solo degli Stati Uniti, per la guerra in Siria, aprendo nuovi ed incerti scenari sull’insieme dello scacchiere mediorientale.

E’ continuata anche la guerra nello Yemen, dove si sta consumando una vera e propria emergenza umanitaria e poche sono le speranze di pace suscitate dall’incontro delle parti belligeranti in Svezia all’inizio di dicembre. Non ci sono schiarite nemmeno sulla Libia, malgrado i tentativi di Francia e Italia per portare il Paese al dialogo, alla transizione politica e alle elezioni.

Non è stato un anno di pace nemmeno ai confini orientali dell’Europa, dove nello scorso mese di novembre il conflitto che oppone Russia e Ucraina ha avuto un ulteriore sbalzo di tensione nel Mar Nero. E’ un conflitto tuttavia che non si limita ai due Paesi direttamente coinvolti ma che influenza le relazioni fra l’Occidente, la NATO, l’Unione Europea e la Russia. Non solo, ma il rapporto sempre più teso fra Stati Uniti e Russia, in particolare dopo il ritiro, da parte di Trump, dal Trattato sui missili nucleari a corto e medio raggio, ha rimesso in luce il tema della difesa europea.

Sul fronte dell’immigrazione, altra vera sfida per il futuro, il 2018 ha segnato un ulteriore calo degli arrivi dei migranti sulle coste dell’Italia e dell’Europa. Segno di chiusure e di paure, l’Europa ha alzato le sue barriere e sbarrato le sue frontiere, lasciando pochi spazi all’accoglienza, alla solidarietà e a politiche di più lungo respiro. Un atteggiamento che ha portato ad un aumento significativo delle vittime in mare, stimate a più di 2.000 dall’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM). Emblematico delle inaccettabili e miopi politiche di rifiuto è il caso della nave Aquarius, costretta ad abbandonare le ricerche e il soccorso dei migranti nel Mar Mediterraneo.  E tutto ciò nell’anno in cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, malgrado le evidenti chiusure da parte di alcuni Stati membri, fra cui l’Italia, ha ratificato il Global Compact sulle migrazione, volto a rafforzare la cooperazione internazionale per una “migrazione sicura, ordinata e regolare”.

Infine, l’anno si è concluso con un interrogativo sul futuro del Pianeta. Malgrado il forte campanello d’allarme lanciato dagli esperti, i responsabili politici del mondo non sono riusciti ad assumere, durante la COP 24 di Katowice, quegli impegni necessari a fermare il surriscaldamento globale. Gli scenari in prospettiva non sono certamente incoraggianti per le generazioni che verranno.

Pace, migrazioni e clima sono i tre elementi principali del nostro futuro. Elementi che possono essere affrontati e gestiti solo con una maggiore cooperazione e con un rinnovato dialogo fra tutti gli Stati.

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