A ciascuno la sua Europa

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“A ciascuno la sua notte” è il titolo di un romanzo inquieto dello scrittore francese Julien Green: fa venire in mente la notte dell’Europa, diversamente vissuta da ciascuno dei protagonisti della politica italiana.

È notte fonda se si pensa all’Europa riproposta dalla Lega, possibilmente senza euro o, se proprio non se ne può fare a meno, riservandolo alle regioni europee forti, immaginando che tra queste possano contare qualcosa le sfiatate regioni dell’Italia del nord.

Oscura o più semplicemente comica, come spesso accade, la proposta di Grillo di rinunciare all’euro affidandolo alle sorti di un referendum e, già che ci siamo, perché rinunciare a non pagare il debito contratto dall’Italia negli anni? Un invito all’autarchia per un Paese che ha bisogno come il pane di ritrovare un posto in Europa e nel mondo, da dove vengono preziose opportunità per la nostra economia.

Al buio sull’Europa ci lascia da sempre Di Pietro, espressione della provincia profonda e in tutt’altre faccende affaccendato; non molto più propositivo sembra il suo improbabile compagno Vendola, con il resto del corteo di referendari sull’articolo 18.

Albeggia appena per l’Europa con i partiti della strana maggioranza che sostiene l’attuale governo, ognuno di essi facendovi riferimento senza troppo arrischiarsi a dire quale Europa vogliono. È particolarmente imbarazzato il PdL, regolarmente spiazzato dal suo presidente-padrone che già aveva manifestato l’intenzione di disdettare l’euro e adesso lascia intravedere un’altra Europa, magari senza la Germania, non si capisce se pensi di sostituirla con la Russia dell’amico Putin come ebbe a farneticare in passato.

Non fa del tutto chiaro nemmeno nel PD, dove Bersani ha le carte in regola per appellarsi a un’Europa più sociale; fa l’europeo anche Renzi, senza tuttavia dirci che cosa fare dopo aver rottamato quello che esiste, convinto forse, come nella canzone, che “dal letame nascono i fior”.

Più esplicita la visione d’Europa proposta da Monti: è l’UE per la quale ha lavorato come tecnocrate di alto rango a Bruxelles da commissario alla concorrenza: il mercato al centro e nessuna disponibilità alla concertazione con le parti sociali. È prevedibile che, se dovesse proseguire come molti si augurano nella sua esperienza di governo, Monti non si discosterà molto da questo modello, si impegnerà per la realizzazione dell’Unione bancaria e di quella economica, senza precipitarsi troppo sulla strada dell’Unione politica che pure non osteggia.

Una visione dell’Europa un po’ diversa da quella di Giorgio Napolitano, per il quale l’orizzonte di riferimento è quello dell’Unione politica da raggiungere quanto prima, rispettando rigorosamente i patti sottoscritti dall’Italia a Bruxelles e accelerando l’europeizzazione dei partiti e della cultura politica italiana, come ha ancora recentemente ricordato.

Tre appuntamenti importanti aspettano adesso l’UE: a ottobre un Consiglio europeo, atteso al varco dopo le decisioni della BCE; a fine novembre un vertice straordinario per affrontare il nodo del bilancio europeo, cartina di tornasole sulle priorità politiche dell’UE e rivelatore dello stato di salute della solidarietà nell’UE e, infine, a dicembre un Consiglio europeo chiamato a decidere su riforme istituzionali nell’eurozona, primo passo verso quell’Unione politica sollecitata dalla Merkel.

Forse allora comincerà a far giorno e capiremo meglio quale sarà l’Europa di domani, dopo la lunga notte di questa stagione di crisi che, senza cessare di essere finanziaria ed economica, si rivela sempre più sociale e politica.

 

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