Il 26 giugno 1945, a San Francisco, cinquantuno Paesi firmarono un patto senza precedenti: la Carta delle Nazioni Unite, un documento che inaugurava una nuova era delle relazioni internazionali, fondata sulla cooperazione, la giustizia e il rifiuto della guerra. Quella data segna la nascita dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ideata per “salvare le future generazioni dal flagello della guerra” e riaffermare “la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana”. Queste parole, incise nel Preambolo della Carta, rappresentano l’eco dei traumi della Seconda guerra mondiale e l’ambizione di costruire un mondo fondato sul diritto e non sulla forza.
Oggi, ottant’anni dopo, in uno scenario globale segnato da decine di conflitti attivi, come in Ucraina, Gaza, Sudan, Myanmar, Iran e molti altri, quei principi sembrano drammaticamente compromessi. Quella che fu l’architettura internazionale nata nel 1945 appare indebolita, travolta da nuove forme di logiche imperiali e sfide transnazionali per le quali l’ONU, nella sua struttura odierna, mostra limiti evidenti.
Eppure, proprio in questo contesto di instabilità e incertezza, l’ONU si rivela più necessaria che mai.
Le critiche all’ONU non mancano: la paralisi del Consiglio di Sicurezza a causa del diritto di veto dei membri permanenti (Usa, Russia, Cina, Francia, Regno Unito), l’incapacità di prevenire conflitti e la lentezza nella gestione delle crisi umanitarie. Ma, come osservano studiosi come Anne-Cécile Robert, ridurre l’ONU a un’istituzione fallita significherebbe ignorare la sua funzione ancestrale e i risultati ottenuti: dalla promozione dei diritti umani alle missioni di pace, dagli interventi umanitari alla mediazione diplomatica, fino alla difesa della non proliferazione nucleare.
In 80 anni, l’umanità non ha conosciuto una terza guerra mondiale: questo, pur tra mille contraddizioni, è anche merito dell’ONU.
Non mancano neppure proposte per il suo rilancio. L’iniziativa italiana “Uniting for Consensus” chiede un allargamento del Consiglio di Sicurezza a rappresentanti regionali del Sud globale e dell’Unione Europea. Giuristi come Oona A. Hathaway e Scott J. Shapiro, o esperti italiani come Luigi Ferrajoli e Antonio Padoa-Schioppa, propongono riforme profonde: eliminazione del veto, obbligo di astensione per gli Stati coinvolti in conflitti, un’Assemblea Generale parzialmente elettiva, con rappresentanti dei parlamenti nazionali, delle comunità religiose, delle ONG e delle organizzazioni per i diritti umani.
La Carta delle Nazioni Unite rimane uno dei documenti fondativi della nostra civiltà contemporanea, un testo che unisce realismo e speranza. Se vogliamo scongiurare una nuova guerra globale, non basta commemorare: occorre avere il coraggio di rilanciare un multilateralismo autentico, partecipato e vincolante. Come scriveva lo stesso preambolo della Carta: “abbiamo risoluto di unire i nostri sforzi per il raggiungimento di tali fini”. È tempo di rendere di nuovo attuali quelle parole.