Chi si fosse fatto l’idea di un’Europa isola felice, continente della pace e della solidarietà, ha più di un motivo per ricredersi. Non solo per le due feroci guerre alle sue frontiere, anche per altri conflitti politici e sociali che sarebbe bene non dimenticare.
Ci aiutano a riflettere due anniversari, entrambi coincidenti con la data del 29 maggio: quello del 1985, giorno del massacro tra tifosi allo stadio dell’Heysel a Bruxelles e quello del 2005, quando il referendum francese mise provvisoriamente la parola fine al coraggioso tentativo di dotare l’Unione Europea di un progetto di Costituzione.
Due avvenimenti di diversa valenza politica e sociale, ma entrambi da segnare come segnali di arretramento del processo di integrazione europea: il primo, mettendo in evidenza la fragilità della convivenza europea tra le sue sopravvissute tribù, sempre pronte a menare le mani, allora come ancora adesso in molti stadi d’Europa; il secondo a ricordarci che, con dimensioni ben più ampie e pericolose, i nazionalismi sopravvissuti alle tragiche lezioni di due guerre mondiali, covavano sotto le ceneri consentendo, a chi soffiava sul fuoco dell’egoismo delle tribù nazionali, di accendere incendi, sviluppatisi negli anni, e oggi ancora difficili da domare, non solo in Francia, ma anche in Ungheria, Slovacchia e un po’ ovunque nell’Unione Europea, Italia compresa.
Si dice che la storia è maestra: a decenni di distanza da questi due 29 maggio la storia ci sta insegnando che da allora abbiamo imparato poco o niente.