L’Europa nel 2008: un bilancio

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Doveva essere un anno di festa il 2008 per l’Europa. Cinquant’anni prima era entrato in vigore il Trattato di Roma ed un nuovo Trattato, quello di Lisbona, doveva succedergli e rafforzare la coesione di un’Unione cresciuta nel frattempo fino ad accogliere 27 Paesi e quasi mezzo miliardo di cittadini. Ma a giugno si è messa di traverso l’Irlanda, che con un referendum ha detto no a questo passo avanti verso l’integrazione e, ad oggi, del nuovo Trattato nemmeno l’ombra. Doveva essere un’annata se non proprio buona per un’economia incapace di riassorbire crescenti povertà   ma almeno senza troppi nuovi problemi: un tasso di disoccupazione contenuto, la maggioranza dei Paesi in regola o quasi con i conti pubblici (Italia a parte, naturalmente). Invece, la turbolenza finanziaria arrivata da oltre-Atlantico ha provocato uno sconquasso anche nel sistema bancario europeo innescando una recessione che si annuncia pesante e lunga, almeno fino a tutto il 2009 se tutto va bene o almeno non troppo peggio di quanto già   si stia profilando.
Doveva essere un anno di pacificazione progressiva nei molti focolai di conflitto nel mondo, grazie anche al contributo di un’Europa meno accondiscendente con gli USA (e qui l’Italia, con il suo precedente governo, ha dato l’esempio ritirando le sue truppe dall’Iraq e cercando soluzioni politiche per l’Afghanistan) e più attenta alla pericolosità   del conflitto israelo-palestinese. Invece ad agosto venti di guerra sono arrivati a lambire i confini dell’UE in Caucaso tra Russia e Georgia, ma qui brava è stata l’Unione europea ad intervenire tempestivamente imponendo alle parti una tregua che ha raffreddato tensioni ad alto rischio.
Doveva essere il 2008 l’anno in cui l’Europa guardava con più attenzione alle sue frontiere meridionali, in quel Mediterraneo diventato frontiera calda con Paesi tentati dal fondamentalismo islamico e canale di quotidiane tragiche traversate di gente disperata alla ricerca di sponde che speravano accoglienti. àˆ stato invece l’anno in cui l’Unione per il Mediterraneo è stata tenuta a battesimo e poi dimenticata e nel quale sono venuti a morire sulle nostre spiagge centinaia e centinaia di immigrati.
E ancora: doveva essere il 2008 l’anno del dialogo interculturale ma lo è stato più nelle intenzioni che nella vita quotidiana, dove abbiamo visto crescere forme nemmeno tanto velate di razzismo e prendere forma di legge discriminazioni e rifiuti di accogliere, come è avvenuto in Italia.
Era il 2008 l’anno dei Giochi Olimpici, un’occasione di festa e di rispetto reciproco, ma con la Cina l’Europa dei diritti ha avuto paura non nascondendo il suo imbarazzo nella vicenda tibetana e subendo il ricatto dell’espansione economica cinese.
Ma non tutto è andato male in questo difficile anno che si chiude: sotto la pressione della crisi economica i Paesi dell’UE stanno cercando un più forte coordinamento delle loro politiche. E nonostante questa stessa crisi hanno trovato la forza di adottare un piano per il salvataggio di questo nostro pianeta malato: il pacchetto-clima (riduzione entro il 2020 del 20% dei gas serra, aumento del 20% delle energie rinnovabili e 20% di risparmio energetico) affida adesso all’Europa una leadership nel mondo, in attesa che gli USA di Barack Obama svoltino nella stessa direzione.
E, sempre in controtendenza rispetto alla crisi economica, non è di poco conto il rifiuto del Parlamento europeo, la settimana scorsa, di far pagare ai lavoratori ulteriori sacrifici portando la soglia massima dell’orario di lavoro dalle attuali 48 ore alle 65 volute da molti governi, quello italiano compreso.
Altri progressi ha registrato l’UE nel 2008: una continuità   nella gestione quotidiana della complessa macchina comunitaria e del suo bilancio, qualche passo verso una politica coordinata anche se discutibile dell’immigrazione, l’individuazione di una soluzione per giungere finalmente alla ratifica del Trattato di Lisbona con la sua entrata in vigore all’inizio del 2010, l’avvio di una revisione della politica agricola comune di cui è noto l’impatto pesante sul bilancio comunitario. Anche a livello internazionale l’UE ha fatto sentire la sua voce, in particolare per riaffermare la promozione dei diritti umani come nel caso della riuscita battaglia all’ONU sulla pena di morte (e qui l’Italia del governo Prodi ha avuto non pochi meriti).
E adesso che questo 2008 va in archivio e che su tutto incombe lo spettro di una crisi economica di dimensione ed esiti ancora sconosciuti sono molti quelli che già   parlano del 2008 come di un «annus horribilis».
Sarà   bene andarci piano con le parole: primo, perchà© il bilancio europeo del 2008 ha più di una voce positiva vista la temperie del momento; secondo, perchà© il termine «orribile» è meglio tenerlo in serbo per l’anno che viene, sperando di non doverlo usare nemmeno per il 2009.
Molto dipenderà   dalla saggezza della vecchia Europa, oltre che dal giovane nuovo presidente degli USA che non è prudente caricare di speranze messianiche. Dagli USA ci aspettiamo che, oltre a perseguire i propri interessi, imparino la lezione inflitta da un capitalismo senza regole e dai costi insostenibili della loro passata politica imperiale. Degli USA un loro fedele alleato, Winston Churchill, ebbe a dire: «Di loro io mi fido, perchà© quando hanno esaurito tutte le altre possibilità  , alla fine fanno la cosa giusta». E adesso il momento di fare la cosa giusta è arrivato per tutti: la faccia anche l’Europa, ritrovando una nuova obbligatoria solidarietà   per uscire dal tunnel in cui siamo entrati.

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