Ventotene e Lampedusa, due Europe a confronto

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La storia offre spesso confronti stimolanti tra eventi lontani tra loro ma legati da un filo rosso che induce a riflettere, tanto più se ciò avviene dentro lo stesso perimetro del Mediterraneo, come nel caso di due isole: Ventotene e Lampedusa. 

Nell’isola di Ventotene, nel 1941 ha preso forma il Manifesto “Per un’Europa libera e unita”, firmato da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, perseguitati politici dal regime fascista al confino nell’isola, e poi pubblicato nel 1943 da Eugenio Colorni.

Ottant’anni dopo un’altra isola, quella di Lampedusa, è al centro di una accorata domanda di Europa, di nuovo mentre nel mondo, Europa compresa, infuriano guerre e dittature che alimentano inarrestabili flussi migratori nel Mediterraneo e non solo.

Due Europe a confronto, entrambe alle prese con la guerra e alla ricerca di unità e coesione: a Ventotene un sogno che fu fecondo di risultati per il continente, a Lampedusa l’incubo di un progetto europeo logoratosi nel tempo e che rischia di avviarsi al capolinea senza un sussulto di coraggio.

Coraggio che avevano da vendere gli oppositori alle dittature nella prima metà del secolo scorso, coraggio che oggi scarseggia tra i responsabili politici dell’Unione Europea, lacerata al proprio interno e in affanno per salvare, in vista delle imminenti elezioni europee, il fragile consenso popolare di cui godono, lasciando che a difendere il progetto europeo siano il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, e da Marsiglia papa Francesco.

L’esplosione dei flussi migratori, non sorprendenti dopo le migrazioni dalla Siria nel 2015 e dall’Ucraina, nel 2022, all’indomani della guerra scatenata dalla Russia, ripresi con intensità crescente dopo le turbolenze politiche in Africa, possono essere considerati il terzo “cigno nero” che ha colpito l’Europa dopo la pandemia da Covid e il conflitto bellico in Ucraina.

Tutto questo è utile tenere presente per avere lucida consapevolezza della difficile congiuntura che affligge l’Unione Europea, senza però dimenticare che non andava certo meglio nei primi anni ‘40 del secolo scorso, quando l’Europa era sotto il tallone di dittature spietate e priva dei diritti più elementari. 

A Ventotene una civiltà da ricostruire insieme con nuove aggregazioni politiche e nuovi strumenti per il diritto internazionale: 1945 sarebbe nata l’Organizzazione delle nazioni unite (ONU) e nel 1949 il Consiglio d’Europa. Sono anche gli anni in cui l’Italia prepara la sua Costituzione repubblicana che, con l’art. 11, si apre verso le nuove istituzioni internazionali, tra cui le Comunità europee degli anni ‘50, che diventeranno l’Unione Europea nel 1992.

Tutt’altra la mappa politica disegnata nel contesto del dramma dei migranti a Lampedusa. L’architettura politica mondiale ricostruita all’indomani della Seconda guerra mondiale è in corso di smantellamento, le istituzioni internazionali ormai inadeguate alla nuova situazione, il personale politico alla guida dei governi non proprio di eccelsa statura. mentre una nuova visione per l’Unione Europea ancora non s’intravvede e Lampedusa lo certifica al di là dei buoni propositi contenuti negli artt. 79-80 del Trattato di Lisbona sullo sviluppo convenuto di una politica migratoria comune.

Le elezioni europee del giugno prossimo stanno calamitando il confronto politico in un intreccio confuso di misure di stampo reazionario, senza speranza di rispondere all’emergenza in corso, con il rischio di non cogliere l’occasione elettorale per cercare soluzioni europee di più lungo periodo. Risuonano amare le parole di Talleyrand, uomo politico francese e diplomatico di lungo corso: “In fondo la politica non è altro che un certo modo di agitare il popolo prima dell’uso”.

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