A volte ritornano, non solo personaggi del passato ma anche epoche della storia con profili dimenticati, come nel caso degli imperi. E’ quanto sembra capitare con il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti mentre, con quello americano, altri imperi riemergono nel mondo dalla Russia alla Cina, dalla Turchia fino alla faticosa costruzione dell’Unione Europea, anche se con caratteristiche tra loro molto diverse.
Ognuno di questi ritorni meriterebbe un racconto a parte, tanto sono differenti le storie di ognuno e la nuova configurazione che stanno prendendo in questo millennio che, per tanti aspetti, così tanto nuovo non sembra essere.
Limitiamoci ai due “imperi d’Occidente”, affacciati sulle due sponde dell’Atlantico, gli Stati Uniti e l’Unione Europea, il primo con una storia relativamente recente e il secondo in formazione, reduce da secolari esperienze di aggregazioni politiche, frutto di conflitti e di espansioni territoriali. Per queste ultime basterebbe evocare l’esperienza delle straordinarie conquiste romane, la molteplicità di imperi europei nel corso dei secoli, fino ai tentativi più recenti di Napoleone e dell’impero britannico, senza dimenticare l’incubo dell’impero hitleriano del Terzo Reich tra il 1933 e il 1945.
Diversa e più giovane la storia imperiale degli Stati Uniti, comparsa sulla scena mondiale come colonia europea, diventata nel ‘900 la prima potenza mondiale e oggi in competizione con il disegno neo-imperiale di Vladimir Putin e la crescita in potenza della Cina di Xi Jimping.
A differenza di questi due ultimi imperi, quelli occidentali dell’ultimo secolo provengono da una configurazione democratica di ispirazione liberale e, anche per questo, possono vantare una riuscita esperienza di crescita economica e di welfare, seppure con ritmi e qualità molto diverse, al punto oggi da chiedersi quanto ancora convergano valori e interessi tra Unione Europea e Stati Uniti.
Nei giorni scorsi i due “imperi” hanno avuto occasione di incontrarsi, dopo essersi confrontati già nel mandato presidenziale USA del 2017-2021 e, a distanza in queste ultime settimane, non sempre con toni cordiali, riconfermati e peggiorati dai toni nel discorso di insediamento. Non è senza interesse provare a leggere presenze e parole scambiate in occasione dell’insediamento presidenziale USA dello scorso 20 gennaio.
Alla corte di Trump II, in una platea a forte prevalenza di ospiti bianchi, si è notata l’assenza della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, non invitata forse perché non ancora abbastanza orientata verso destra; da chiedersi quanto potesse rappresentarla la sua amica Giorgia Meloni, la sola gradita tra i governanti europei, in compagnia di figure minori delle estreme destre europee, compresa quella filo-nazista tedesca, mentre era assente il Primo ministro britannico Keir Starmer, con tanti saluti a quella “partnership speciale” che fu nel tempo il legame privilegiato tra il Regno Unito e gli USA.
Al di là della mancanza di garbo istituzionale, a cui Trump ci ha abituati, queste assenze e presenze hanno il pregio di gettare un po’ di luce su “chi sta con chi” nelle due sponde dell’Atlantico, vicinanze che segneranno i futuri rapporti tra due Occidenti destinati a divaricare ulteriormente, se non ricomposti in tempi brevi.
Una situazione che non stupisce quando si ha a mente la distanza che separa le due sponde atlantiche: da una parte l’impero USA tentato dall’espansione territoriale in territori limitrofi, economicamente potente, militarmente predominante, tecnologicamente avanzato nelle mani di pochi oligarchi, con una sovranità libera dai tradizionali vincoli democratici; dall’altra, un’Unione Europea alle prese con una guerra ai suoi confini e con nuovi allargamenti in prospettiva, in difficoltà economica, politicamente instabile, dipendente per la propria sicurezza, tecnologicamente in ritardo e rallentata da faticose procedure democratiche, aggravate dall’assenza di una sovranità politica.
In estrema sintesi, la competizione tra due imperi: quello americano che mostra i “muskoli”, quello europeo che cerca di mettere insieme i suoi pezzi e ritrovare il coraggio della sua lunga storia. Ci diranno i giorni e i mesi che verranno se davvero stiamo entrando in un “mondo post-europeo”.