Usa e Unione Europea: la storia continua

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Comunque finisca questo contrastato conteggio di voti in un Paese come gli Stati Uniti d’America, una democrazia che meriterebbe un sistema elettorale migliore e più rispettoso del consenso espresso dai suoi cittadini, l’Europa continuerà a non dormire sonni tranquilli.

Non potrà farlo, da una parte per le conseguenze al suo interno della crisi economica, provocata nello scorso decennio dal virus finanziario e adesso da quello del Covid-19 e, dall’altra, per quanto cresciuto negli anni attorno ad essa, in un mondo dove sono mutati gli equilibri economici, commerciali e politici. Così il risultato elettorale USA andrà letto su questo sfondo, tenendo conto dell’impatto prodotto dal presidente eletto, ma senza illudersi di essere alla vigilia di una rivoluzione copernicana in grado di riportare l’Occidente, e ancor meno l’Europa, al centro del mondo per guidarlo.

La storia dei rapporti tra Stati Uniti ed Europa è una storia lunga di secoli, iniziata con un protagonismo europeo cui si è progressivamente sostituito quello americano quando, nel secolo scorso, l’intervento degli USA  in Europa nelle due guerre mondiali ha contribuito a ristabilire la pace e, dopo la Seconda guerra mondiale, a sconfiggere regimi dittatoriali. 

Molto si è evocato recentemente, in occasione del “Piano europeo per la ripresa” in risposta alla crisi attuale, il Piano Marshall degli USA  intervenuto a cavallo degli anni ’50. Al di là di improbabili raffronti per eventi tra loro molto diversi, va ricordato che l’intervento USA non solo sosteneva la ricostruzione di un’Europa in macerie, ma puntava anche a consolidare l’argine occidentale a fronte delle minacce sovietiche, contribuendo insieme a spingere l’Europa verso il suo processo di integrazione.

Da allora le due sponde dell’Atlantico hanno onorato, nonostante qualche divergenza, la loro alleanza: questo in presenza di una ripresa di ruolo dell’Europa, che stava rafforzandosi economicamente e ampliandosi fino a aggregare nell’Unione 28 Paesi, raggiungendo una popolazione quasi doppia rispetto a quella americana. Un’evoluzione da una parte incoraggiata dagli USA, tendenzialmente isolazionisti, e dall’altra guardata con qualche preoccupazione, innescando fasi in cui il partenariato diventava competizione, soprattutto in materia commerciale.

Ancora recentemente queste oscillazioni si sono riprodotte, prima con tensioni tra alleati in occasione dei conflitti in Medioriente al tempo di Bush e ancora con la presidenza di Obama che, nel suo primo mandato ha lasciato raffreddare il partenariato per riattivarlo moderatamente nel secondo. Il clima è invece radicalmente cambiato con l’irruzione di Donald Trump nel mondo e quindi anche in Europa. L’attacco all’UE, le parole pesanti verso Angela Merkel, alla guida di una Germania alleato fedele, il sostegno a Brexit, la minaccia di rimettere in discussione la NATO, fino alle aggressioni commerciali hanno rivelato agli europei un’altra America. Era l’ “America first” che si allontanava dal quadro delle intese multilaterali e denunciava Accordi firmati dal predecessore di Trump, come nel caso del nucleare iraniano e della lotta al surriscaldamento climatico, senza privarsi di entrare a piedi giunti in Medioriente, in particolare nel conflitto israelo-palestinese, squilibrando ulteriormente i rapporti tra i due contendenti.

Che cosa potrebbe capitare adesso all’Unione Europea dopo il voto? E’ presto per dirlo, non solo perché il conteggio dei voti potrebbe dare esiti sorprendenti, ma anche perché, bene che vada, ci vorrà tempo per riorientare le politiche americane dopo l’uragano-Trump se vincesse Biden; in caso contrario da chiedersi fin quando lo “zio matto” d’America  potrebbe continuare a prendere a calci il mondo con il rischio di isolare gli USA, e questa volta non per sua scelta. 

Se il ricambio sarà senz’altro una buona notizia per l’UE, non si tratterà comunque di una rivoluzione e sarebbe un errore tornare a dipendere pigramente dall’alleato, che si tratti di politica estera e commerciale o di dinamiche militari.

Fuori dai suoi confini l’UE dovrà fare leva sulla sua confermata cultura multilaterale per rilanciare il dialogo con gli USA e promuoverlo nel resto del mondo. In casa nostra i responsabili del futuro siamo noi, sono i nostri Paesi, riuniti nelle Istituzioni UE: sarebbe paradossale che dopo aver rialzato la testa e cominciato ad assumerci le nostre responsabilità, adesso ci rassegnassimo a un destino non scritto da nessuna parte, quello di accettare di scivolare sulla china del declino invece che rilanciare il progetto europeo. Adesso più necessario che mai.

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