Ursula, l’Unione Europea a Kiev

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Molto si scrive e molto si parla, anche a vanvera, della guerra russa in Ucraina. Tema complesso naturalmente, ma anche letture approssimative con poca memoria storica e scarse conoscenze della geografia.
Anche delle vicende religiose che hanno alimentato le tensioni nel corso dei secoli e ancora in questi ultimi anni poco si dice, salvo invocare con leggerezza la presenza di papa Francesco a Kiev. A Kiev dove sono andati i governanti di tre Paesi, Polonia, Slovacchia e Repubblica ceca, ma non quello dell’Ungheria e non è difficile capire perché, vista la figuraccia che da quelle parte fanno i filo-russi, come accaduto a un nostro politico senza pudore.
A Kiev sono andati l’altro giorno la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e l’Altro rappresentante UE per la politica estera, Josep Borrell: una visita di testimonianza, forse un po’ tardiva, ma di forte valore simbolico.
Per capirlo bastava guardare quella fragile signora bionda, che fin dal primo giorno del suo mandato europeo ha portato alta la bandiera dell’Unione, chiamandola a nuovi più ambiziosi traguardi. Ma la storia può essere crudele, certamente per il popolo massacrato dell’Ucraina, ma anche per i suoi vicini, i Paesi dell’UE colti di sorpresa da una violenza che ci si era illusi fosse sepolta per sempre e costretta a rivedere il suo libro dei sogni, quello ambientale in particolare.
Quella piccola signora bionda, disarmata com’era e protetta da un poco rassicurante giubbotto anti-proiettile, era l’immagine dell’Unione Europea, esposta a un rischio mortale se non troverà in tempo coesione e coraggio per difendersi e progredire rapidamente sulla strada dell’integrazione politica, prima che sia troppo tardi.
A Kiev Ursula ha rinnovato il suo impegno ad accelerare l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea, pronunciando parole che molti governanti dei Ventisette avranno letto con qualche imbarazzo, vista la loro infinita prudenza e la loro eterna abitudine a rinviare le decisioni.
Non che l’adesione dell’Ucraina all’UE sia una decisione facile, dopo le esperienze infelici della Polonia, adesso mirabilmente aperta all’accoglienza, e dell’Ungheria, anche in questa congiuntura incapace di solidarietà non solo con l’Ucraina, ma anche con gli altri Paesi dell’UE.
Ci voleva una fragile signora bionda per assumere su se stessa, senza paura, il potere che i Trattati fin dall’inizio hanno affidato alla Commissione europea, il “potere di iniziativa” che, nella drammatica vicenda che viviamo, significa anche “iniziare” a costruire una nuova Unione, perché quella che abbiamo non basta più.

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