Si è chiuso anche il 2013 e, come ogni anno, non si può resistere alla tentazione di tracciare un bilancio e di valutare avvenimenti e prospettive per l’anno che verrà. Molte le cose successe e, per quanto riguarda le relazioni internazionali, è utile soprattutto ricordare quegli avvenimenti i cui effetti si protrarranno anche in futuro.
Partendo dalla considerazione generale che il 2013 ha segnato in modo ancor più evidente degli anni trascorsi l’emergere di una pluralità di nuovi attori (e di nuove visioni politiche e geostrategiche) sulla scena internazionale, l’attenzione si sofferma in primo luogo sulla Russia e, in una certa misura anche sulla Cina, e sul modo in cui questi due nuovi attori hanno orientato la posizione della comunità internazionale in uno dei punti più caldi del pianeta e cioè il Medio Oriente. La guerra in Siria, iniziata nel 2011, non ha infatti trovato una soluzione né in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, né dopo la mediazione russa sulla consegna delle armi chimiche per fermare un possibile intervento militare internazionale (in particolare di Stati Uniti e Francia) volto a porre fine al conflitto. Anche il 2013 non solo si è concluso con la sua scia di morti, di sfollati e di profughi, ma sembra non aver dato grande seguito nemmeno alla prospettiva annunciata di una Conferenza di pace Ginevra 2, inizialmente prevista per gli inizi del 2014. La guerra quindi, per il momento, continua, nell’impossibilità di identificare gli attori locali e regionali del dialogo.
Ma nella regione, particolarmente instabile dall’inizio delle Primavere arabe e con l’acuirsi delle opposizioni fra sciiti e sunniti, due Paesi hanno soprattutto segnato la storia del 2013 e senz’altro già la storia che verrà: l’Egitto e l’Iran. In Egitto, la deposizione del Presidente Morsi, primo Presidente eletto nella storia del Paese e rappresentante dei Fratelli Musulmani, nonché la ripresa in mano del potere da parte dei militari, hanno innescato un cambiamento sia nelle relazioni a livello regionale, sia a livello internazionale, in particolare per quanto riguarda, sotto l’occhio attento della Russia, i rapporti con gli Stati Uniti, stabili dal 1979, anno degli accordi di Camp David. Anche l’Iran, con l’elezione di Hassan Rohani alla Presidenza, ha impresso una svolta significativa alle sue relazioni a livello regionale e con il resto del mondo. Racchiuso da anni in un isolazionismo dovuto in parte al suo programma nucleare e alle sanzioni che ne sono seguite da parte di Stati Uniti e Europa, il Paese, sottoscrivendo l’accordo di Ginevra del novembre scorso, ha aperto le porte ad un possibile dialogo internazionale, rimettendo in gioco tutte le sue potenzialità geopolitiche ed energetiche.
Spostando lo sguardo più a sud, verso l’Africa, il 2013 è segnato purtroppo da vecchie e nuove guerre, nella maggior parte dei casi originate da conflitti interetnici o interreligiosi e sullo sfondo di non trascurabili ricchezze in materie prime: guerra in Mali, nella Repubblica Centrafricana, in Congo e in Sud Sudan. Un continente in preda a violenze indicibili e sul quale si è spenta, inascoltata, la voce di Nelson Mandela.
Ad Est dell’Europa, i Paesi dei Balcani hanno proseguito nel 2013 sulla strada del ravvicinamento all’Unione Europea, dove l’aspetto più significativo, in termini di consolidamento della stabilità e della pace, è rappresentato dal dialogo, anche se ancora molto fragile, fra Serbia e Kosovo. Ha invece avuto una battuta d’arresto il progetto di Partenariato orientale dell’Unione Europea con la decisione dell’Ucraina (nonostante le vivide proteste di una parte della popolazione che avrebbe voluto orientare il futuro del Paese verso l’Europa) e dell’Armenia di aderire al progetto russo di unione doganale e euroasiatica.
Ed infine uno sguardo alla grande America latina, dove anche il Cile, dopo Brasile e Argentina, ha eletto una donna come Presidente, Michelle Bachelet.
Nonostante tutte le inquietudini che questo mondo continua a suscitare, ci auguriamo tuttavia che il 2014 possa portare più pace e più giustizia.