Unione Europea, sedotta e abbandonata?  

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Assomiglia tanto l’Unione Europea in questi giorni ad un pugile suonato, messo a più riprese al tappeto, in attesa che suoni il gong dell’intervallo per riprendere fiato e ritrovare forza. Non si può dire si tratti di una sorpresa dopo i molti segnali che da tempo arrivavano da oltre Atlantico da un alleato non necessariamente amico, con Trump diventato avversario e forse peggio. 

E’ una storia che viene da lontano quella delle relazioni tra l’Europa prima, e l’Unione Europea poi, con gli Stati Uniti d’America. Diventati da ex-colonia europea a potenza mondiale gli USA hanno avuto con il nostro continente fasi alterne di vicinanza e competizione. 

Per limitarci all’ultimo secolo ci sono stati vicini nella Prima guerra mondiale e, protagonisti decisivi con l’Unione Sovietica, nella liberazione dell’Europa dal nazi-fascismo. Ci sono stati vicini nella fase di ricostruzione del nostro continente in macerie con il piano Marshall a cavallo degli anni ‘50, cogliendo l’occasione per promuovere anche i loro interessi e avvalersi della costruzione delle prime Comunità europee per arginare i rischi di espansione dell’Unione Sovietica, diventando man mano meno generosi a fronte della crescita dell’Unione Europea dopo il il 1989, in particolare di fronte alla creazione della nostra moneta unica che rischiava di fare ombra all’impero del dollaro. 

Fino dal 1949 ci hanno accolto sotto l’ombrello della NATO, Alleanza militare di cui hanno tenuto saldamente in mano la guida anche per tenere sotto controllo la Germania e non dare troppo spazio alla Francia, sapendo di poter contare sull’Italia in debito con gli USA per il sostegno non del tutto gratuito ricevuto nel dopo-guerra. 

La storia più recente di questo inizio secolo ha visto la solidarietà dell’Unione Europea con gli USA all’indomani dell’attentato del 2001 alle Torri gemelle a New York, grazie anche all’unica attivazione ad oggi dell’art. 5 del Trattato NATO, che adesso qualcuno sembra dimenticare. 

Almeno in superficie, le Amministrazioni democratiche USA che si sono succedute in questo primo ventennio del secolo ci sono sembrate amiche, anche se acceleravano la prese di distanze dall’Unione Europea, spostando i loro interessi prioritari nell’area dell’Indo-Pacifico, teatro di future contese e possibili conflitti con la Cina.

Adesso è venuto il momento di ringraziare la brutalità di Donald Trump che, nella prospettiva di un negoziato con la Russia sul futuro dell’Ucraina, ha gettato la maschera, costringendo l’Unione Europea ad aprire gli occhi e a disfarsi delle sue illusioni e della sua tradizionale inerzia. E’ in vista un Piano Marshall al contrario, una forma di restituzione di quanto ricevuto allora: dopo aver contribuito non poco al sostegno dell’Ucraina ci si chiede, senza nemmeno farci sedere al tavolo dei negoziati, di farci carico di un riarmo per il quale non abbiamo né vocazione né risorse e dei costi della sicurezza militare e della ricostruzione dell’Ucraina.

Dirà qualcuno che tutto questo ce lo siamo cercato. C’è del vero, ma non al punto di piegarci adesso  al neo-imperialismo che ci circonda: a est con la Cina, a nord con la Russia e ad ovest con il nostro “alleato” americano. E’ tornato il momento, ed è adesso, di accelerare verso un’Unione federale con chi ci sta, riorientandoci in un mondo di complessità crescente, dove non è scritto da nessuna parte – nemmeno nella Bibbia – che gli Stati Uniti siano destinati a diventare padroni del mondo, anche perché troppi nel mondo saranno sempre più vittime delle prepotenze neo-imperiali e per questi miliardi di persone una nuova Unione Europea può diventare una speranza.

Naturalmente a patto che i primi a crederci siano i popoli di questo nostro continente dove ancora resiste la democrazia e il rispetto dello Stato di diritto.

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