Senza dimenticare che la storia della giovane Unione Europea, dentro la lunga traiettoria del Vecchio Continente, è segnata da importanti successi, è anche il momento di registrarne le molte occasioni perdute, o solo colte in parte, dall’inizio degli anni ‘50 del secolo scorso.
Basta selezionare alcune date per rendersi conto di quanto sarebbe diversa e migliore l’Unione di oggi se “avesse visto” arrivare il futuro e non avesse perso le occasioni che il presente le offriva per progredire più rapidamente verso quella sovranità europea condivisa di cui oggi abbiamo un grande bisogno.
1954: l’allora Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) era a un passo da condividere a Sei un nuovo pezzo importante di sovranità, quella della sicurezza, con la creazione della Comunità europea della difesa (CED), ma il progetto si arenò davanti all’Assemblea francese e la “Patria Europa”, invocata a Parigi da Alcide De Gasperi, rimase in lista d’attesa e oggi sappiamo quanto ci manca quell’intesa.
1973: l’adesione del Regno Unito fu un’occasione colta, purtroppo però senza sufficiente attenzione alle divaricazioni politiche che avrebbe introdotto nella giovane Comunità a Nove, trascinando negli anni l’Unione Europea in una stagione ininterrotta di contenziosi e malintesi, solo parzialmente chiariti con la secessione britannica provvisoriamente conclusa nel 2020.
1989: l’abbattimento del Muro di Berlino e l’accelerazione della storia d’Europa con l’unificazione della Germania e la dissoluzione dell’Unione Sovietica aprivano per la Comunità europea la straordinaria prospettiva di una progressiva riunificazione continentale e l’occasione di ripensare il progetto di integrazione: ci provò nel 1992 il Trattato di Maastricht avviando la costruzione dell’euro e la creazione della cittadinanza europea. Troppo poco per il nuovo cantiere che si apriva nel continente.
2005: con il grande allargamento dell’UE ad est l’occasione era preziosa per ripensare l’impianto istituzionale e politico comunitario e rafforzare le tutele per la democrazia sul Continente. Provò a rispondere il tentativo ambizioso, forse troppo visti i tempi, di un Progetto per una Costituzione europea: lo sottoscrissero a Roma tutti i governi membri dell’UE, ma venne bocciato dai referendum olandese e francese, due Paesi fondatori della Comunità europea.
2010-2011: esplode la crisi finanziaria greca e quella dei debiti sovrani, importata dagli USA. L’UE, privata di una politica economica comune, lascia sola la Grecia e si accanisce in una politica di austerità che aggrava la crisi in corso, contribuendo a scatenare già latenti movimenti nazional-populisti, che oggi minacciano il progetto comunitario.
2014: la Russia si prende la Crimea, l’UE reagisce debolmente e non si prepara al peggio che, ancora una volta, non vede arrivare.
2017: Trump arriva alla Presidenza USA, inaugura una stagione di rotture con l’UE, Merkel lancia l’allarme ricordando che adesso tocca a noi prenderci le nostre responsabilità per mettere al sicuro l’UE, ma alle parole non seguono i fatti.
2022: la Russia invade l’Ucraina, l’Unione Europea dà grande prova di solidarietà con il Paese aggredito, ma non riesce a guadagnare l’annunciata “autonomia strategica” in seno all’Alleanza atlantica e resta coinvolta in una guerra lontana dalla sua cultura e dai suoi valori, pagando prezzi economici e politici non indifferenti. Il pensiero va all’occasione mancata del 1954, chiudendo per ora il cerchio.
Ma le democrazie hanno risorse per rimbalzare, tra queste per l’Unione Europea le prossime elezioni per il suo Parlamento. Dove spesso i suoi politici non “hanno visto venire” o non hanno avuto il coraggio di prendere l’iniziativa, possono adesso prenderla i cittadini-elettori europei che si spera ci vedano bene il prossimo giugno: se non lo faranno, non avranno più neppure ragione di rimproverare chi le occasioni non le ha colte, con i risultati che sappiamo.