Mentre la crisi energetica sembra travolgere l’economia europea e sale alle stelle il costo delle bollette c’è chi spera che la crisi climatica ci regali un inverno temperato, chi aspetta dalla politica italiana – quella ancora ai comandi e quella che punta ad arrivarci – una soluzione tra il miracolo e il tampone e chi, più paziente ma anche più realista, punta ad una risposta condivisa da parte dell’Unione Europea sulla traiettoria di una politica energetica comune.
Per valutarne le possibilità di un risultato europeo positivo è utile fare qualche passo indietro. Per non andare troppo lontano nel tempo possiamo partire dal 2014 – anno tra l’altro della svolta “europea” dell’Ucraina – ma senza dimenticare un antefatto del 2009, quando entrò in vigore il Trattato di Lisbona attualmente in vigore.
Vi troviamo articoli che sarà bene non dimenticare in questi tempi confusi, a cominciare dall’art. 122, ma senza dimenticare il decisivo art. 194. Il primo recita: “Fatta salva ogni altra procedura prevista dai Trattati, il Consiglio, su proposta della Commissione, può decidere, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, le misure adeguate alla situazione economica, in particolare quando sorgano gravi difficoltà nell’approvvigionamento di determinati prodotti, in particolare nel settore dell’energia”. Esattamente quello di cui avremmo estremo bisogno in questo drammatico momento, ma c’è un problema: è quello che si nasconde nella prima riga dell’articolo, da leggere alla luce dell’art. 194 che, a proposito delle procedure da seguire, dice chi ha competenza per decidere sulla politica energetica e a quali condizioni.
E qui finiscono le illusioni, perché dopo aver detto che “la politica dell’Unione nel settore dell’energia è intesa, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, a: garantire il funzionamento del mercato dell’energia, a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico nell’Unione…e a promuovere l’interconnessione delle reti energetiche”, l’articolo 194 continua affermando chiaramente che tale decisione va deliberata “secondo una procedura legislativa speciale, all’unanimità…”.
E poi c’è ancora qualcuno che impreca perché in tutti questi mesi questa decisione non è stata presa, magari gli stessi che, con il ricorso al ricatto del voto all’unanimità, hanno lavorato a frantumare l’Unione con pretese sovranità nazionali, impotenti ad affrontare crisi di queste dimensioni.
Sono gli stessi che hanno dimenticato che già nel 2014 la Commissione europea tentò di rilanciare il tema con una Comunicazione intitolata: “Progressi verso il completamento del mercato interno dell’energia”, con i risultati deludenti che sono adesso sotto gli occhi di tutti.
Le responsabilità di questa lunga paralisi sono ben distribuite tra i Paesi UE, come tra gli altri la Germania e l’Olanda, che hanno fatto prevalere i loro interessi di breve periodo su quelli che potevano essere protetti con una visione meno miope del futuro energetico dell’Unione.
Nella lista ci sta anche l’Italia che negli anni ha subito questa deriva e si è messa nelle mani della Russia per il suo approvvigionamento, ma ci stanno anche quelle forze politiche italiane che oggi si dichiarano europeiste ma che nelle sedi istituzionali comunitarie, come nel Parlamento europeo, contrastano da anni – e adesso ancora – un processo di integrazione europea che adesso invocano come salvagente.
L’emergenza energetica dovrebbe servire oggi da lezione per ricordare l’emergenza politica europea prodotta dai movimenti nazional-populisti: europeisti di recente conversione per accreditarsi all’estero e godere delle risorse finanziarie comunitarie, sovranisti per impedire che le Istituzioni UE siano dotate di una progressiva sovranità che, liberata dal cappio del voto all’unanimità, siano messe in grado di intervenire.
Grazie per l’articolo, come sempre interessante e ponderato.
Non condivido la ‘sanzioni-mania’ seguita dall’UE, che si è completamente appiattita su NATO e US.
Continuo a pensare che la Russia, nostro vicino, sarebbe per l’Europa un partner migliore degli Stati Uniti, un paese guerrafondaio e ‘dysfunctional’.
Charles Michel e Ursula von der Leyen sono tutto tranne che dei leader con acume e lungimiranza.
Mi ha colpito il titolo graffiante del breve articolo (che condivido):
Gas e petrolio – Sanzioni alla Russia – il Vietnam dell’Unione Europea Fabrizio Tonello il manifesto 3 settembre 2022
Cordialmente
Adelia Bertetto
Bruxelles/Valdieri