Un mondo in movimento, tra Cina, America latina e G20

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La settimana scorsa, l’America latina è stata al centro dell’attenzione internazionale per due eventi di particolare interesse globale: il Vertice dell’APEC (Cooperazione economica Asia-Pacifico) in Perù e il G20 in Brasile.

Nato nel 1989, l’APEC conta oggi una ventina di membri e persegue l’obiettivo di promuovere la cooperazione economica e gli investimenti nella regione del Pacifico. Ne fanno parte, fra altri, gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, ma anche il Giappone, la Corea del Sud, il Messico, il Cile e l’Australia. Insieme rappresentano un terzo della popolazione mondiale, il 54% del PIL globale e il 44% del commercio internazionale. Si riuniscono, nonostante le loro differenze politiche ed economiche, per discutere di argomenti chiave di comune interesse, come la sostenibilità economica, la crescita inclusiva, la digitalizzazione o l’ambiente. 

Quest’anno il Vertice ha destato particolare attenzione per varie ragioni, in primo luogo per aver acceso i riflettori sul Perù e sull’insieme dell’America latina come futura area di interesse geopolitico e geoeconomico, soprattutto per la Cina. Interessi che si stanno concretizzando da alcuni anni a questa parte e che hanno trovato l’espressione più significativa nell’inaugurazione, nei giorni del Vertice, del mega-porto di Chancay da parte di Xi Jin Ping. 

Si tratta di un imponente scalo che, nel contesto dei progetti della Nuova via della seta, non solo apre una rotta sul Pacifico tra l’America latina e la Cina, ma influirà sull’insieme delle rotte commerciali. Al riguardo non va dimenticato che la Cina importa materie prime e minerali e controlla circa un terzo delle società minerarie peruviane. Inoltre, la Cina è diventata il secondo partner commerciale per tutta l’America latina, e il primo per il Brasile.

Considerata finora il giardino di casa degli Stati Uniti, l’America latina conosce, dopo l’Africa, un espansionismo cinese che coinvolge quasi tutti i Paesi, con investimenti in infrastrutture e scambi commerciali significativi. Un espansionismo al quale guardano con interrogativi non solo gli Stati Uniti alla vigilia dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, ma anche l’Unione Europea che cerca, con grandi difficoltà e da vent’anni a questa parte di firmare un accordo commerciale con i Paesi del Mercosur.

Concluso il Vertice APEC di Lima, i grandi del mondo si sono spostati in Brasile per la riunione del G20, sotto la Presidenza di Lula. Composto dai Paesi del G7 e da altri Paesi economicamente emergenti, il G20 brasiliano aveva messo in agenda il tema della povertà e della fame nel mondo come priorità centrale. E’ infatti un punto su cui il G20 ha segnato il suo accordo per la costituzione di un’ “Alleanza globale contro la fame e la povertà”, ad oggi sottoscritta da 82 Paesi, con l’obiettivo di sradicare il fenomeno entro il 2030. Lula ha sottolineato che non “si tratta solo di fare giustizia, ma è un prerequisito per costruire società più prospere e un mondo pacifico”. 

Al riguardo, non sono mancate discussioni anche su un altro tema di rilevanza globale, e cioè la proposta di una cooperazione fiscale mondiale. Sebbene l’accordo sia stato raggiunto con evidenti difficoltà, il G20 ha aperto uno spiraglio per un impegno comune a garantire un prelievo sui grandi patrimoni. Non è cosa da poco, se si pensa che l’1% più ricco dei cittadini nei Paesi del G20 detiene il 31% della ricchezza complessiva, mentre la metà più povera della popolazione appena il 5%. 

Sebbene non siano arrivati significativi messaggi sulle due guerre in corso, in Ucraina e in Medio Oriente, così come sulla transizione climatica, vero è che il G20 di Rio di Janeiro, grazie al Presidente Lula, ha lanciato due iniziative che confermano la ricerca, da parte del Brasile, di un nuovo ruolo e protagonismo sullo scacchiere internazionale, ruolo che si coniuga con l’appartenenza del Brasile ai BRICS e a quel “Sud globale” a cui partecipano, in prima fila, anche Cina e Russia. 

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