A metà del 1800 colpì il grido: “Uno spettro s’aggira per l’Europa – lo spettro del comunismo”. Quasi due secoli, con il ritorno della guerra ai confini dell’Europa, un’altra allerta di diversa natura merita di essere lanciata: “Un fantasma si aggira per il mondo – l’Unione Europea”.
E’ quanto viene da pensare a proposito del ruolo effettivo dell’Unione Europea come tale a fronte dell’aggressione della Russia all’Ucraina e, più ancora, a proposito dell’esplosione del conflitto tra Hamas ed Israele, mentre cresce il rischio di vedere la miccia accesa dalle due parti in guerra incendiare vaste aree del Medio Oriente, se non oltre.
Nel caso dell’aggressione all’Ucraina i Paesi UE, in forza della loro responsabilità nazionale in materia di difesa, hanno reagito con rapidità e in modo compatto nel quadro dell’Alleanza atlantica (NATO), anche se con poca autonomia strategica e con una traiettoria di sostegno che con il tempo rischia di indebolirsi.
Da parte sua l’Unione Europea, nei limiti delle sue competenze, ha reagito tempestivamente sul versante umanitario aprendo le frontiere dei suoi Paesi membri a milioni di profughi accordando loro una provvisoria cittadinanza europea e intervenendo con aiuti alle popolazioni rimaste in Ucraina. In assenza di una politica estera e di difesa comune non ha invece potuto far molto sul versante militare, nonostante un significativo, ma poco trasparente, supporto finanziario per la fornitura di materiale bellico.
Fra poco saranno passati due anni dall’irruzione della Russia in Ucraina e, dopo averne molto parlato, praticamente nulla si è fatto per dotare l’UE di una “autonomia strategica” in seno alla NATO, nella prospettiva di avviare una politica europea comune di difesa.
E così, in queste condizioni di grave debolezza politica, l’UE sta assistendo impotente alla crisi mediorientale, un altro territorio ai suoi immediati confini, dove pure avrebbe potuto rafforzare le sue capacità di dialogo in un’area dove coltivava non pochi interessi, in particolare in materia di forniture energetiche.
Resta certamente meritoria la politica europea di sostegno al progetto di “Due stati e due popoli”, l’affermazione del diritto di Israele a difendersi, il sostegno agli aiuti umanitari alla popolazione palestinese, questi ultimi finiti nel calderone delle polemiche esplose all’indomani del conflitto. Le prime dichiarazioni da parte del Commissario ungherese, (in)competente in materia di “Politica di vicinato”, hanno creato sconcerto finendo per confondere Hamas con l’intero popolo palestinese;
posizione rapidamente smentita dalla Commissione che ha annunciato invece un rafforzamento degli aiuti alimentari alle popolazioni palestinesi vittime del conflitto, in particolare nella Striscia di Gaza.
Non è stata particolarmente riuscita la mobilitazione dei massimi vertici delle Istituzioni UE, con la Presidente della Commissione intervenuta con discutibile equilibrio in favore di Israele rispetto al popolo palestinese e senza indicare un percorso di pace e per questo contestata da più parti, mentre si è intensificata in ordine sparso la mobilitazione delle diplomazie nazionali per raffreddare il conflitto.
Un primo bilancio degli interventi riconferma la debolezza di un’Unione priva di strumenti politici comuni per esercitare un ruolo di mediazione, lasciando quindi campo libero alle pretese “sovranità nazionali” di far valere i propri interessi, con la conseguenza di fare dell’Unione un fantasma che si aggira in Medioriente, invisibile nella geopolitica internazionale, nonostante la sua generosità di “donatrice” e la sua tenace determinazione in favore del rispetto del diritto internazionale.