UE al bivio: patria Europa o Europa delle patrie?

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C’è patriota e patriota, nell’Unione Europea e nei suoi Paesi membri: nella prima, con una storia più giovane, con qualche complicazione politico-istituzionale in più; nei secondi, di più antica formazione, con le tracce ereditate da storie tra loro molto diverse e fare chiarezza è un’impresa non facile. Ancor più se “patria” si intreccia con “nazione”, rinunciando alla più laica parola “Paese” e ricorrendo con parsimonia al concetto di “Stato” con tutte le sue complesse articolazioni.

Allora proviamo a semplificare, concentrandoci solo sulle parentele controverse tra Unione Europea  e patria, interrogandoci su quale traiettoria ci stiamo muovendo, se verso “Patria Europa” oppure verso “Europa delle patrie”.

La storia d’Europa ci racconta di Paesi che hanno subito mille sconvolgimenti territoriali, cambiamenti di regimi politici, alleanze mutevoli e guerre senza fine. Dopo aver ritrovato nel corso dell’ultimo secolo confini stabili e definito il perimetro di responsabilità territoriale anche la “patria”, come terra dei “padri”, ha preso forma pur provando qualche difficoltà a diventare “nazione”: di questa evoluzione anche la politica attuale italiana ne sa qualcosa, stretta com’è oggi  tra una prospettiva “presidenzialista” e quella della “autonomia differenziata” tra le Regioni.

Se poi si sommano vicende comparabili in molti Paesi UE e si evoca il termine “patria” per l’Europa o addirittura quello di “nazione”, allora tutto diventa ancora più incerto e merita qualche chiarimento.

A chiamare “patria” l’Europa non fu qualche federalista con la testa tra le nuvole, ma uno statista con i piedi per terra che non lo disse ieri: fu Alcide De Gasperi, il 21 aprile 1954, a parlare della “nostra patria Europa” a Parigi, poco prima di morire. Lo stesso concetto lo ha ripetuto ancora recentemente, nel 2021, Sergio Mattarella nel suo discorso all’Università di Parma i 4 ottobre 2021.

Di ben altra tonalità le parole di un altro Presidente della Repubblica, quella francese, Charles De Gaulle, promotore di una “Europa delle patrie”: tutta un’altra visione, ancorata alle sovranità nazionali e tenacemente presente sotto traccia anche con il suo successore Emmanuel Macron, per il quale la “sovranità europea” sembra spesso a servizio di quella francese. 

Oggi questi due differenti orientamenti politici per l’Europa vedono confliggere la visione di una Europa “sovranazionale”, come costruzione federale fondata sulla solidarietà, e una Europa “intergovernativa” di stampo confederale, a trazione nazionalista. La prima è radicata, con intensità diverse, nei sei Paesi fondatori della prima Comunità e in parte rappresentata dai venti Paesi che hanno aderito alla moneta unica; muovono invece nettamente in direzione di una “Europa delle patrie”, di stampo intergovernativo e nazionalista, i quattro Paesi di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia), in compagnia di Bulgaria, Svezia e Danimarca.

Sotto gli scossoni della storia anche questo scenario è in movimento e potrebbe preannunciare una futura ricomposizione dell’UE a più velocità. Al centro di questo scenario un’Italia oggi in evoluzione: erede di una salda tradizione europeista, tenacemente riaffermata dal Quirinale, l’Italia  manda da Palazzo Chigi e dintorni segnali ambigui, che si tratti del “Piano nazionale per la ripresa e la resilienza” (PNRR), del futuro “Patto di stabilità” o dell’atteggiamento verso il “Meccanismo europeo di stabilità” (MES). Il tutto accompagnato da singolari alleanze con le “piccole patrie” dei Paesi di Visegrad, dove la visione sovranista anti-europea fa rima con l’attacco alla democrazia e allo Stato di diritto, al punto di aver spinto il Parlamento europeo a chiedere di bloccare la presidenza del Consiglio UE prevista per l’Ungheria nel secondo semestre del 2024. nei semestri di  

E’ inquietante che in difesa dell’Ungheria abbiano votato le due principali forze politiche dell’attuale maggioranza italiana di destra-centro, da sempre molto comprensive con l’”amico” Viktor Orban.

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