Ucraina tra Est e Ovest

1623

Fra i tanti conflitti che bruciano alle frontiere dell’Europa, quello che si svolge nell’Est dell’Ucraina sembra perdere interesse ed attualità agli occhi della comunità internazionale. Eppure si tratta di un conflitto che dal 2014, anno del suo inizio, ha già causato più di 10.000 vittime e migliaia di sfollati.

Il conflitto è stato tuttavia oggetto di discreta attenzione durante il Vertice di Helsinki fra il Presidente russo Vladimir Putin e il Presidente americano Donald Trump svoltosi il 16 luglio scorso, un’attenzione che sebbene non fosse visibile nei comunicati stampa o nelle dichiarazioni dei due Presidenti, è tuttavia carica di sensibili significati politici nelle relazioni fra Russia e Occidente.

Sulla scia dell’annessione alla Federazione russa della Crimea, svoltasi, secondo Mosca, nel rispetto delle regole internazionali e legittimata da un referendum, Putin avrebbe lanciato l’idea di

un referendum anche per le province separatiste del Donbass, Donetsk e Luhansk. Una proposta, respinta dall’Amministrazione americana la quale, con l’Unione europea, e proprio a causa dell’annessione della Crimea, continua a mantenere sanzioni economiche nei confronti di Mosca. Non solo, ma per ribadire l’importanza dell’integrità territoriale dell’Ucraina nonché la posizione geostrategica di quest’ultima in termini di sicurezza ai confini tra Russia e Occidente, gli Stati Uniti hanno rafforzato ulteriormente il loro sostegno finanziario a Kiev in tema di difesa. Non bisogna inoltre dimenticare, proprio a sottolineare la posizione delicata dell’Ucraina sullo scacchiere orientale, quanto sia problematica la richiesta di Kiev di aderire alla NATO.

E’ in questo contesto di conflitto silenzioso e quasi dimenticato che, ancor prima del Vertice di Helsinki, i Ministri degli esteri russo, ucraino, francese e tedesco, (il cosiddetto formato Normandia) si sono riuniti a Berlino il 12 giugno scorso, dopo un anno e mezzo di silenzio diplomatico, per ridare vita al rispetto degli Accordi di Minsk firmati nel 2015 e riavviare il processo di pace in Ucraina. Al centro dei colloqui il rispetto di un cessate il fuoco duraturo, il ritiro delle armi pesanti, lo sminamento del Donbass e una possibile missione di caschi blu dell’ONU.

Pone quindi ragionevoli interrogativi la proposta di Putin di indire un referendum per decidere del destino del Donbass e per risolvere il conflitto nell’est dell’Ucraina. Interrogativi che si basano, oltre che sul precedente della Crimea, anche sul fatto che già nel 2014 le due “repubbliche” di Lugansk e Donetsk avevano votato, via referendum e con un altissimo consenso, a favore dell’indipendenza da Kiev, ma si era trattato di un referendum non riconosciuto a livello internazionale, Russia compresa.  Anzi, fu in seguito a questi referendum che vennero firmati gli accordi di Minsk che prevedevano appunto l’appartenenza delle due provincie all’Ucraina in un quadro di vasta autonomia.

In un clima di incertezze internazionali, di posizioni spesso indecifrabili, disorientanti e contraddittorie da parte del Presidente Trump, di ricerca di nuovo protagonismo sulla scena mondiale da parte del Presidente Putin, il futuro dell’Ucraina appare più che mai all’incrocio dei rapporti fra Est e Ovest, tra Russia e Stati Uniti, giocati soprattutto su una sensibile frontiera con l’Unione Europea.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here