Ucraina nella tormenta

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Le manifestazioni dell’opposizione in Ucraina contro il Presidente Viktor Ianukovich e il suo Governo non si arrendono e sembrano entrate, da alcuni giorni a questa parte, in una fase più determinata, innescando reazioni violente che hanno già lasciato per le strade troppe vittime. Un braccio di ferro che, dall’inizio delle contestazioni lo scorso novembre, si è fatto sempre più forte mano a mano che gli obiettivi della protesta si delineavano più chiaramente all’orizzonte.

La scintilla che ha dato inizio alle manifestazioni è stata il mancato accordo di associazione, nell’ambito del Partenariato orientale, tra l’Ucraina e l’Unione Europea, un accordo che avrebbe segnato per il Paese, negli anni a venire, un percorso politico ed economico ispirato ai valori fondanti dell’Unione stessa. Ma così non è stato. La difficile situazione economica in particolare, ha spinto il Presidente dell’Ucraina a siglare un accordo con la Russia, che oltre a prevedere un consistente prestito in denaro e una riduzione del prezzo d’acquisto del gas, apre le porte ad un’adesione al progetto russo di unione doganale e eurasiatica, con tutto quello che ciò può comportare in termini di appartenenza ad una area di forte valenza geostrategica per la Russia stessa.

Le violenze usate dalla polizia nei confronti dei manifestanti già da fine novembre, ma soprattutto le leggi anti  – protesta adottate il 16 gennaio scorso, hanno portato, nel Paese, la tensione alle stelle. La protesta per il mancato accordo con l’Unione Europea si è piano piano tramutata prima nell’esigenza di rimuovere i responsabili politici delle violenze e poi nella richiesta più radicale, attraverso nuove elezioni presidenziali e parlamentari anticipate, di un totale cambiamento politico nel Governo, giudicato ormai un regime dai connotati autoritari. Un’opposizione diventata quindi richiesta di democrazia, di stato di diritto, di lotta alla corruzione, di libertà d’espressione, una richiesta che si sta allargando all’intero Paese, anche in quelle zone dell’Ucraina orientale, russofona, dove il presidente Ianukovich ha il suo feudo elettorale. Richieste portate avanti da un’opposizione che si sta piano piano strutturando e dove, tuttavia, rimane alto e inquietante l’interrogativo sulla componente nazionalista “Svoboda” e non solo per quanto riguarda i suoi obiettivi, ma anche per la tenuta di un atteggiamento moderato in vista, si spera,  di una soluzione politica e pacifica dell’attuale conflitto.

Le ultime informazioni che ci giungono dall’Ucraina ci informano  di colloqui in corso tra i leader dell’opposizione e Ianukovich e che un accordo sarebbe stato raggiunto su tre punti: le dimissioni del primo Ministro Azarov, l’abrogazione delle contestatissime leggi anti – manifestazioni e, nel caso in cui tutti gli edifici pubblici occupati verranno sgomberati, un’amnistia per i dimostranti arrestati. Forse un primo passo per spegnere i rischi sempre più concreti di una guerra civile.

Nel frattempo l’Unione Europea, che lo voglia o no parte di questo conflitto, sta tentando di mediare fra le parti. Certamente in ritardo e dopo lunghi e deludenti silenzi. Ci diranno qualcosa le conclusioni del Vertice UE – Russia in corso a Bruxelles, dove la situazione ucraina occuperà gran parte dell’agenda. Con la speranza che i politici europei sappiano valutare e affrontare le grandi sfide che si stanno attualmente giocando a Kiev.

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