È sempre più tesa la situazione in Ucraina dove gli scontri nella parte orientale del Paese, tra separatisti filorussi e forze governative ucraine, stanno disegnando veri e propri scenari di una guerra che non solo infuria localmente ma sta sconvolgendo anche i fragili rapporti tra Est e Ovest, nati dopo la fine della guerra fredda.
Un conflitto esploso sulla scia della scelta a fine 2013 di un futuro rivolto all’Europa da parte dell’Ucraina e che ha riportato all’attenzione internazionale quel ruolo storico, strategico e di frontiera che il Paese ha rappresentato e rappresenta tuttora per la Russia. Quest’ultima ne ha fatto il teatro di un confronto con l’Occidente, in cui la diplomazia sembra stia giocando, in questi giorni, le sue ultime carte, tanto inflessibile e determinato appare l’atteggiamento di Putin nel perseguire, dopo l’annessione della Crimea nel marzo 2014, i suoi inquietanti disegni strategici nella regione. L’attacco, a fine gennaio, da parte dei ribelli filorussi alla città di Mariupol, importante porto industriale sul Mare d’Azov e zona di collegamento tra i territori ucraini dell’est e la Crimea, ha segnato un punto di svolta nella crisi, diventata ormai una crisi globale, dagli esiti ancora tutti da definire.
Si affrontano così su quella terra di frontiera i rapporti fra Russia, Unione Europea e Stati Uniti, nel tentativo di disegnare un nuovo accordo, dopo quello fallito di Minsk del settembre scorso, in grado di porre fine ad una guerra che dura da più di dieci mesi e che ha già fatto circa 5.000 vittime. Una proposta di accordo di cessate il fuoco, tessuta in particolare dalla Cancelliera Merkel e dal Presidente Hollande per disinnescare la miccia che quella guerra rappresenta anche per l’Europa.
Il risultato dei prossimi negoziati a Minsk non è scontato se si considerano non solo le esigenze e i toni delle dirette parti in causa, e cioé ucraini, separatisti filorussi e russi, ma anche le difficoltà emerse, da una parte, dalle tensioni interne all’Unione Europea e, dall’altra, dalle divergenze d’approccio apparse fra Stati Uniti e Unione Europea. Tutti ingredienti che peseranno nei rapporti di forza tra chi siederà al tavolo dei negoziati.
Per quanto riguarda le divergenze fra i vari Paesi dell’Unione, esse vanno dalle sanzioni nei confronti della Russia e le ricadute economiche che stanno producendo in alcuni Stati membri, alle inquietudini crescenti sulla sicurezza in quei Paesi un tempo parte dell’ex Unione Sovietica; vanno dal grado di dipendenza energetica dei singoli Paesi membri dalla Russia all’orientamento politico in favore del dialogo, per esplorare, se possibile, nuove vie di cooperazione economica fra Unione Europea e il progetto di Putin di un’Unione euroasiatica. Da queste comprensibili divergenze l’accordo scaturito fra i 28 Paesi è stato tuttavia unanime ed è stato quello di esplorare fino in fondo le opzioni diplomatiche e fare in modo che il prossimo accordo di Minsk, se concluso e rispettato, possa segnare un vero passo avanti nella soluzione del conflitto.
Anche sul versante delle posizioni UE – USA, non sono mancate né mancano le divergenze di approccio, a cominciare dall’eventualità non esclusa da Obama di fornire armi pesanti a Kiev e delineare, in prospettiva, anche un’opzione militare occidentale in Ucraina. Ma l’aspetto più importante che divide sia l’Unione europea al suo interno sia il rapporto tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti è il sostegno all’ingresso nella NATO dell’Ucraina, prospettiva che ha segnato in questi ultimi tempi le frizioni più sensibili fra la Russia e l’Occidente.
Appuntamento quindi di nuovo a Minsk per dare una nuova chance alla pace in Ucraina. Una pace che si prospetta difficile ma che rappresenta un obiettivo irrinunciabile anche per l’Europa.
Oggigiorno l’Europa è messa a dura prova da due focolai molto difficili da spegnere, Ucraina e Grecia. Sono due questioni talmente impellenti da aver assorbito completamente il dibattito pubblico. Si tratta di crisi di notevole intensità, in grado di mettere in discussione l’Unione Europea così com’è adesso. Tuttavia, lo strumento utilizzato per la risoluzione di questi due problemi non è detto sia il più adatto: si è pensato di analizzare nel dettaglio la situazione con la lente di ingrandimento, andando a misurare i metri di terreno conquistati dai ribelli filorussi oppure andando a calcolare minime variazioni dei parametri che la Grecia dovrebbe rispettare secondo gli accordi siglati dai precedenti governi. Pur non entrando nel merito dei singoli nodi ancora da sciogliere, risulta importante sottolineare che una discussione così attenta al particolare non ha significato se non viene inserita in un contesto di più grande dimensione. In altre parole, l’attenzione posta alle contingenze del presente non può condurre a soluzioni adeguate se non si pone come obiettivo primario il raggiungimento di una meta finale. Il principio è molto semplice: come si fa a scegliere la strada giusta se non sappiamo dove vogliamo arrivare?
Purtroppo in questo senso l’Unione Europea sembra navigare a vista. Sembra si dialoghi su come porre rimedio alle istanze che di volta in volta si presentano, ma in una totale assenza di coordinate generali. I singoli problemi vengono affrontati all’infuori di un quadro più ampio. Provando ad osservare la realtà allontanandosi delle vicissitudini del momento, si scorge uno scenario caotico, intriso di interessi particolari ed egoismi. Considerando unicamente l’ambito economico, i Paesi membri pongono al centro del dibattito la flessibilità, con l’obiettivo di poter dilatare o contrarre di qualche miliardo il cordone della spesa. Tuttavia l’Unione Europea non dovrebbe essere soltanto il fulcro di discussioni concernenti inezie tecniche, dovrebbe essere il luogo in cui prenda vita il disegno comune dei popoli europei, capaci di darsi un ruolo ed uno spazio nel mondo globalizzato presente e futuro. Le istituzioni comunitarie, i Paesi membri, i singoli cittadini, tutti quanti noi dovremmo porci la domanda “Cosa vogliamo fare dell’Europa?”. La domanda è di essenziale importanza perché l’Europa ha bisogno di distogliere per un attimo lo sguardo dalle preoccupazione odierne e volgerlo verso un orizzonte temporale più lontano. Soltanto alzando la testa riuscirà a costruire autonomamente il proprio percorso. Lasciarsi trasportare per inerzia non ha più senso, poiché un bivio segna il futuro del continente. Da una parte vi è una vera integrazione politica, nella direzione di una federazione europea, in cui i singoli Stati perdono la propria sovranità a discapito degli Stati Uniti d’Europa; dall’altra parte vi è un ritorno alla completa sovranità statale, compresa quella monetaria, che farebbe dell’Europa un’alleanza fra Paesi del tutto indipendenti. Sono due possibilità contrapposte, inconciliabili, pertanto è necessaria una presa di posizione netta. Solo una scelta chiara ed univoca sarà in grado di dare nuova spinta all’Europa, in un verso o nell’altro, superando finalmente lo stallo apparentemente insuperabile in cui oggi è bloccata.