Tutti gli interrogativi della futura politica americana in Medio Oriente

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Benché ancora sotto choc per la vittoria di Trump alle elezioni presidenziali statunitensi dell’8 novembre scorso, è necessario ora interpretare e, se possibile, prevedere, quali saranno le future politiche degli Stati Uniti non solo a livello interno, ma soprattutto sulla scena internazionale.

Un esercizio alquanto difficile e temerario se ci si basa sulle dichiarazioni fatte durante la campagna elettorale, centrata soprattutto sullo slogan “America First” (prima di tutto l’America) e se si va a pescare nel torbido di alcune prese di posizione che riflettono un nuovo e oscuro realismo, un ritorno marcato agli interessi nazionali degli Stati Uniti e un parziale ritiro dagli impegni internazionali, giudicati troppo costosi.

Vista da questa angolatura, la cosa più probabile è che Donald Trump cerchi di riorientare completamente la politica estera attuale degli Stati Uniti con il resto del mondo: i rapporti con la Russia, con l’Europa, con l’Asia e con il Medio Oriente. Come questo possa avvenire, rimane avvolto in un certo mistero, soprattutto per quanto riguarda il Medio Oriente, oggi teatro di tutte le guerre ancora irrisolte e dove si sono giocate, all’indomani dell’intervento militare di Bush in Iraq e in Afghanistan, le politiche a volte ambigue e sempre prudenti del Presidente Obama. Un teatro tuttora in fiamme, senza pace, e che destabilizza anche l’Europa.

I punti caldi ed irrisolti in Medio Oriente sono molteplici: Iraq, Afghanistan, Siria, Libia, Yemen, questione curda, Turchia, ISIS, terrorismo e estremismo islamico che si riproducono e si espandono sino in Africa e in Asia. Non solo, ma è sempre senza prospettive il conflitto israelo-palestinese e, su un piano totalmente diverso, l’accordo concluso con l’Iran sul nucleare è stato oggetto di dichiarazioni di revisione da parte di Trump.

Un quadro estremamente complesso in cui si affrontano attori globali e attori regionali e dove un possibile ridimensionamento della presenza della prima potenza mondiale nella zona più calda del pianeta cambierebbe in modo significativo la geopolitica ad oggi conosciuta.

Ciò che attualmente si è in grado di percepire può essere riassunto in tre punti. Il primo riguarda la lotta dichiarata contro il terrorismo e Daesh, lotta che Trump potrebbe condurre attraverso un’inedita e nuova cooperazione con la Russia. Il secondo punto, legato al primo e ai nuovi rapporti con la Russia, porterebbe gli Stati Uniti ad una specie di riconsiderazione del regime di Bachar el Assad, (“non è il male peggiore della Siria”) aprendo possibili spiragli per la fine della guerra e consegnando alla Russia un ruolo egemone nella regione e nei possibili e futuri negoziati di transizione politica in Siria.

Il terzo punto su cui ci si può interrogare riguarda i rapporti con Israele e Palestina. La dichiarazione del futuro Presidente di voler spostare la capitale di Israele da Tel Aviv a Gerusalemme sarebbe carica di gravi conseguenze, perché consacrerebbe definitivamente la sovranità di Israele sulla città contesa e metterebbe un punto finale alla prospettiva di “due Stati, due popoli”.

Se il nuovo Presidente confermerà con gli atti questa politica del ridimensionamento della presenza americana in Medio Oriente, dovrà anche spiegare cosa intende fare di fronte alle principali minacce all’ordine internazionale, minacce che non risparmieranno di certo gli Stati Uniti.

Non solo, ma il Medio Oriente non è strategico solo per le minacce che rappresenta, ma è anche la prima regione di produzione petrolifera al mondo. Malgrado la relativa indipendenza energetica, un ritiro della prima potenza mondiale dalla regione solleva solidi interrogativi visto che da quel mercato dipende la maggior parte dei Paesi del mondo, compresi i Paesi nemici.

Intanto il Medio Oriente continua a bruciare e diventa sempre più urgente che si chiariscano le nuove mosse di una grande potenza che, nel corso degli ultimi anni, ha fortemente orientato politiche, alleanze e futuro di una regione così vicina all’Europa.

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