Tre appelli italiani per mettere al sicuro l’Unione Europea

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Tre voci italiane importanti si sono levate in questi ultimi tempi per venire in soccorso a un’Unione Europea in affanno, all’apertura della nuova legislatura comunitaria 2024-2029. Non è la prima volta che lo fanno, colpisce che questa volta i loro appelli convergano in un breve spazio di tempo e su temi collegati e non esitino a farlo con i toni severi della verità, quasi una forma di contro-informazione rispetto ad altre voci che ingannano o seminano confusione sulla vita dell’Unione Europea.

I protagonisti di questi recenti interventi sono volti noti e tutti di alto profilo: in ordine cronologico, due ex-presidenti del Consiglio italiano, Enrico Letta e Mario Draghi, quest’ultimo ex-presidente della Banca centrale europea, e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Del presidente della Repubblica conosciamo i ricorrenti interventi in favore della costruzione europea, anche come garante della Costituzione e del suo art. 11 sui trasferimenti di sovranità. Mattarella è ritornato sul tema in rapida successione i giorni scorsi, prima a Cernobbio e subito dopo ad Aosta: in entrambi i casi traspare evidente la preoccupazione per la sopravvivenza di questa Unione incompleta e con troppi tentati da un ritorno ad un passato che all’Europa ha riservato immani tragedie. Di qui l’invito a non “avere paura delle riforme, di guardare avanti, di immaginare un’Europa sempre più perfezionata nella sua architettura e sempre più inclusiva”, un appello a rafforzare la sovranità europea rivolto a tutti, governo italiano compreso.

Lo scorso aprile su temi economici aveva argomentato nella stessa direzione anche Enrico Letta, nel suo “Rapporto sul Mercato unico”, richiestogli dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo UE, facendo seguire ad una visione della futura Unione raccomandazioni politiche pratiche. Tra queste, la necessità di intensificare l’integrazione in tre settori-chiave: mercati finanziari, energia e telecomunicazioni, senza dimenticare il sostegno a una transizione verde e digitale giusta, con la creazione di occupazione, e il rafforzamento della sicurezza dell’Unione Europea.

E’ di lunedì scorso la presentazione, ritardata in attesa dell’insediamento dei nuovi Vertici UE, del “Rapporto sulla competitività” di Mario Draghi, una bussola politica destinata ad orientare le Istituzioni europee verso nuove politiche più coraggiose, con l’obiettivo di mettere al sicuro il futuro dell’Unione prima che sia troppo tardi. I temi e gli orientamenti formulati sono allineati con i richiami del presidente Mattarella e con il Rapporto presentato da Enrico Letta. Differisce forse la tonalità, qui più severa con parole che hanno qualcosa di drammatico, se addirittura il compassato  Draghi, davanti al Parlamento europeo, ha parlato di “incubo” a proposito del futuro dell’Europa e, davanti alla Commissione, di “agonia” per l’UE.

Il messaggio dell’ex-presidente della Banca centrale europea è chiaro: se vuole sopravvivere, l’Unione Europea deve mettere in cantiere nuove più coraggiose politiche integrate a livello europeo, con investimenti aggiuntivi stimati attorno ad 800 miliardi all’anno, e farlo con urgenza, perché non c’è più tempo da perdere. 

Un messaggio che stimolerà qualcuno, si spera Parlamento e Commissione europea, quest’ultima piuttosto reticente, e imbarazzerà molti tra prudenze e opposizioni. Per queste ultime si è segnalato fin da subito Viktor Orban; ma non è nemmeno mancata la voce contraria della Germania e dei “falchi del nord”, Olanda in testa.

Non potrà dare un grande sostegno la Francia, in crisi politica ed economica, indebolendo ulteriormente il motore franco-tedesco. 

Sarà interessante vedere il seguito concreto che vorrà darne il governo italiano, imbarazzato perché le proposte di Draghi chiedono a tutti di uscire dalle ambiguità che si nascondono nella nostalgia delle sovranità nazionali, le stesse denunciate in questi giorni dal Presidente della Repubblica.

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