A circa un mese e mezzo di distanza dalle elezioni presidenziali del 28 luglio, il Venezuela è stretto tra le grinfie del regime autoritario di Nicolàs Maduro. Il leader dell’opposizione Edmundo Gonzalez Urrutia è stato costretto a lasciare il paese fuggendo in esilio ed a chiedere asilo politico in Spagna. Da lì ha già annunciato: “Continuerò a combattere”. È avvenuto in seguito al mandato di arresto emesso dal tribunale venezuelano per il quale Urrutia è stato accusato di falsificazione di documenti, usurpazione di poteri e cospirazione: reato punibile con 16 anni di detenzione. Ha fatto clamore, infine, la richiesta della giornalista ed attivista venezuelana Carla Angola che si rivolge direttamente all’Unione Europea chiedendo che “l’UE riconosca Gonzalez come legittimo presidente”.
L’UE al momento non riconosce né la vittoria di Maduro, né di Gonzalez. Angola esorta perciò il Parlamento europeo a non considerare l’accaduto come una questione di politica interna spagnola (Stato che ospita l’esiliato Gonzalez), ma ad agire direttamente. Non si tratta della prima volta in cui un antagonista politico al governo Maduro è costretto a lasciare il Paese per salvaguardare la propria sicurezza: nel 2017 l’ex sindaco di Caracas Antonio Ledezma e nel 2020 l’oppositore Leopoldo López hanno entrambi raggiunto la capitale spagnola, continuando a combattere a distanza per la libertà del Venezuela. Da Bruxelles l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri Josep Borrell dichiara che la fuga di Gonzalez è causata da “repressione, persecuzione politica e minacce dirette alla sua sicurezza e libertà”. Poche settimane fa anche Borell è stato preso di mira dal dittatore venezuelano: lo accusava di essere complice del massacro palestinese nella striscia di Gaza. Un attacco verbale dovuto al mancato riconoscimento della vittoria di Maduro da parte dell’UE.
Voci di dissenso arrivano anche dall’Italia. L’11 settembre scorso il vicepresidente del Consiglio e ministro degli esteri Antonio Tajani, in Parlamento, ha affermato: “L’attenzione del governo sulla crisi in Venezuela continua ad essere altissima e la posizione dell’Italia è chiara: l’esito elettorale proclamato dalle autorità venezuelane non ha alcuna legittimità. Voglio sottolinearlo ancora una volta in quest’aula: il popolo venezuelano ha il diritto di decidere liberamente il proprio destino”. Tajani si riferisce poi alla condizione di 8 detenuti italo-venezuelani a cui si aggiunge una cittadina italiana sottoposta a misura cautelare del divieto di espatrio. “Dall’inizio della crisi la tutela degli oltre 160mila connazionali residenti in Venezuela è sempre stata la nostra priorità” conclude Tajani. Si tratta ormai di una questione che tocca inevitabilmente l’Europa poiché si è spostata sul territorio del vecchio continente. Il Parlamento spagnolo, infatti, ha approvato con 177 voti a favore e 164 contrari la proposta del Partito Popolare di riconoscere Gonzalez Urrutia come il vincitore delle elezioni presidenziali e quindi come legittimo presidente del Venezuela. Il premier spagnolo Sanchez assicura: “Lavoriamo per l’unità nell’Unione Europea che consenta un margine di mediazione da qui a fine anno, perché si possa trovare una via d’uscita per veicolare la volontà democratica espressa nelle urne dal popolo venezuelano”. Inoltre Maduro si ritrova sempre più isolato non solo nelle relazioni a livello europeo, ma anche in America Latina: il Brasile, la Colombia ed il Cile non riconoscono la sua elezione ed anzi accolgono quanti più rifugiati possibile. Proprio il paese di Lula si è assunto la responsabilità di proteggere sei leader dell’opposizione che sono rimasti all’interno dell’ambasciata argentina, circondata dalle forze armate venezuelane.