A fronte di una guerra che continua ormai da venti mesi, le iniziative e i tentativi di percorsi di pace si moltiplicano, senza per questo giungere a spiragli di dialogo fra Russia ed Ucraina. Sullo sfondo infatti continuano senza sosta i combattimenti, fra offensive e controffensive, fra distruzioni e minacce nucleari, fra ricatti sulla sicurezza alimentare globale e l’uso di armi sempre più orribili e proibite, come le bombe a grappolo.
Sembra una guerra ormai in continua e progressiva tensione, sempre più avvolta in quella spirale che il filosofo Edgar Morin definiva “sempre rivolta verso l’abisso”.
In questo contesto, l’ultimo tentativo di mediazione è stata, a richiesta dell’Ucraina, la convocazione del vertice di Gedda, in Arabia Saudita, tenutosi il 5 e 6 agosto scorsi, con la partecipazione di più di quaranta Paesi, fra i quali Paesi del G20 e dei BRICS che hanno mantenuto e continuano a mantenere un atteggiamento di neutralità, come ad esempio l’Africa del Sud, il Brasile e l’India. Sotto l’egida del Principe saudita Mohammed bin Salman, che conferma e rafforza il ruolo che l’Arabia saudita vorrebbe giocare sulla scena internazionale, il vertice è stato segnato, da una parte, dall’inevitabile assenza della Russia e dall’altra dalla non scontata presenza della Cina. Una presenza che ha dato particolare peso al Vertice stesso.
Riuniti in particolare per rispondere alla tela diplomatica che Kiev sta tessendo per ottenere il maggior sostegno possibile fra i Paesi del “Sud globale”, i ministri e i rappresentanti politici hanno soprattutto riesaminato il piano di pace in dieci punti presentato da Zelenski al G20 di Bali nello scorso novembre. A Gedda, l’Ucraina ha infatti ribadito la sua visione per un processo che comporti, in particolare, il completo ritiro delle truppe russe, il ripristino dell’integrità territoriale dell’Ucraina, la liberazione dei prigionieri di guerra, le garanzie sulla sicurezza nucleare, alimentare ed energetica.
Un piano di pace che ovviamente non incontra la posizione del Cremlino e che sottolinea tutta la distanza che esiste fra Kiev e Mosca, ferma quest’ultima sull’esigenza di trattare sulla base “di una nuova realtà”, vale a dire sulle rivendicazioni della Russia nei confronti dei territori ucraini occupati.
Il Vertice di Gedda è tuttavia giunto ad un accordo su alcuni punti fondamentali, in particolare sui principi del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina e sulle iniziative da intraprendere affinché le ricadute del conflitto non penalizzino ulteriormente alcuni Paesi del Sud, in particolare per quanto riguarda la sicurezza alimentare.
Un risultato ben modesto visto che si tratta, a detta dei partecipanti, di un primo passo nelle discussioni e nella condivisione di alcuni principi. Importante tuttavia per capire come si posizionano, su uno scacchiere internazionale in significativo movimento, tanti Paesi che, da vicino o da lontano, subiscono le conseguenze politiche, economiche e umanitarie di un conflitto sempre più brutale. Un aspetto quest’ultimo alquanto evidente anche nel recente Vertice di San Pietroburgo con i Paesi africani voluto da Putin. Non vanno dimenticati infatti due importanti appuntamenti al riguardo nel prossimo settembre, ossia il G20 in India e l’apertura dell’Assemblea generale dell’ONU. Senza dimenticare un ipotetico nuovo Vertice per la pace entro la fine dell’anno.
Rimane tuttavia il fatto che la pace, per quanto urgente sia, è ancora molto, troppo lontana.