2016: ancora tempi duri per l’Unione Europea

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Tutto si potrà dire di questo 2016 meno che sia stato per l’Unione Europea un anno sereno e ricco di speranze. E non consola che qualcosa di simile si debba dire del resto del mondo o, peggio, della vicina regione mediorientale.

Nel bilancio dell’anno appena trascorso figurano in rosso – il colore del sangue – i gravi attentati terroristici, fino a quello recente di Berlino e i molti morti annegati nel Mediterraneo alla ricerca di un’Europa che stenta ad accoglierli.

In crisi l’economia europea e la politica nei Paesi UE

Non ha certo brillato l’economia europea, rallentata da una crescita stentata e minacciata dai venti del protezionismo che hanno ripreso a soffiare. Né rassicura in Europa il disagio sociale, le ampie fasce di povertà e la frattura tra le generazioni in un continente che invecchia e con una disoccupazione giovanile che non rientra in misura significativa.

Peggio ancora ha fatto la politica, quella nazionale e quella dei governi in Europa, con le Istituzioni comunitarie, come la Commissione europea e il Parlamento, che hanno assistito impotenti alla paralisi decisionale del Consiglio europeo, cui è venuto in soccorso la Banca centrale europea, oggi l’Istituzione più “federale” dell’Unione.

Hanno galleggiato penosamente molti governi dei Paesi UE, minacciati di essere travolti dall’onda crescente dei nazional-populisti diffusi un po’ ovunque, e alcuni sono stati travolti da persistenti instabilità, anche di sistema, come in Spagna e in Italia, mentre si apprestano a prove difficili nel 2017 Olanda, Francia e Germania.

Non stupisce che in queste condizioni malandate i principali governi europei siano andati di Vertice in Vertice europeo senza concludere molto, nonostante l’attesa dei cittadini europei sulle risposte alla crisi economica e sociale, ai drammi dei migranti, alle irruzioni del terrorismo e all’urgenza di una politica comune della sicurezza.

I principali protagonisti nell’Unione Europea

A guidare le danze, come ormai da tradizione, la Germania di Angela Merkel e di Wolfgang Scahueble, il potente ministro delle finanze della Cancelliera e falco tra i falchi del rigore finanziario, docilmente assecondato dal suo collega olandese Jeroen Dijsselbloem, severo presidente dell’Eurogruppo, entrambi spesso in tensione con Pier Carlo Padoan (e la vicenda Monte Paschi non è, per ora. Che l’ultimo episodio), ministro delle finanze italiano, tiepidamente sostenuto dal suo collega francese Michel Sapin e dal Commissario agli Affari economici, il francese Pierre Moscovici.

Più defilati in questo duello la Cancelliera tedesca e il Presidente francese, François Hollande ormai a fine corsa; alla ricerca permanente di mediazioni Jean Claude Junker, Presidente della Commissione europea e, irruente come da copione, fino a dicembre, il Presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, sbalzato di sella dal risultato del referendum costituzionale. Un duello destinato a proseguire, in particolare con l’Italia, la cui legge di bilancio approvata in zona Cesarini, dovrà affrontare difficili tempi supplementari e giocarsi ai rigori la partita di una probabile manovra finanziaria aggiuntiva.

L’UE circondata da conflitti e alle prese con il divorzio britannico

Più tiepide le risposte sul fronte bollente dei conflitti armati rispetto ai quali l’Unione è stata sostanzialmente ininfluente, salvo sul versante umanitario dove è stata generosa protagonista. I Trattati esistenti non le consentivano molto di più, anche se molto di più avrebbero potuto fare i singoli Paesi membri, tra i quali si è sentita la voce della Francia, della pur riluttante Germania e poco quello della Gran Bretagna, in altre faccende affaccendata.

E con questo Paese concludiamo questa sommaria rassegna dell’anno appena trascorso per l’Unione, perdendo ancora tempo a parlare di Brexit.

Tempo in proposito ne sta perdendo, non del tutto per colpa sua, l’UE mentre sta cercando di guadagnarne il governo britannico che lascerà passare almeno nove mesi dall’azzardato referendum del 23 giugno prima di avviare un’incerta procedura di divorzio che nessuno sa bene se e quando si concluderà.

Di sicuro c’è il brutale colpo inferto alla già abbastanza sgangherata compagine europea, alle prese con i problemi difficili evocati sopra, senza tuttavia dimenticare quello che questa scissione ha di liberatorio per l’ala “europeista” dell’UE e l’occasione che questa potrebbe ricavarne per fare chiarezza sul suo progetto futuro. Ma anche di questo alla prossima puntata.

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