Strasburgo e Quirinale, le due facce della medaglia

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Non è la stessa cosa l’elezione del Presidente del Parlamento europeo e di quello della Repubblica italiana. Molto diverse sono le Istituzioni rappresentate, diversi i ruoli e le regole per l’elezione. Eppure, in giorni come questi, all’indomani della morte del giovane Presidente italiano del Parlamento europeo, David Sassoli, e alla vigilia, a un mese di distanza, delle due elezioni la tentazione è grande di formulare qualche considerazione sul futuro dell’Italia e su quello dell’Europa. Due futuri tra loro intrecciati, come intrecciate sono le dinamiche politiche di Roma e Strasburgo.

A Strasburgo il Parlamento europeo era chiamato a rinnovare la propria presidenza, per la seconda metà della legislatura, come previsto da un discusso accordo tra i due principali partiti europei, quello dei popolari (PPE) e quello dei Socialisti e democratici (SDE) che da sempre si alternano nei  due turni di presidenza. Anche qui, come nei Parlamenti nazionali, una scelta di parte per una Presidenza di tutti, avvenuta in apertura di questa legislatura a larga maggioranza, quella che aveva  visto aggregarsi popolari, socialisti, verdi ed europei, i partiti che avrebbero poi legittimato la scelta di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea, da cui il nome di “maggioranza Ursula”.

Quella stessa “maggioranza Ursula” che qualcuno auspicava per la maggioranza di governo in Italia, ma che la precaria frammentazione del quadro politico italiano rendeva difficile, se non impossibile.

Due contesti istituzionali e politici diversi ma non senza elementi comuni, quelli che hanno fatto dire a molti che “David Sassoli sarebbe stato un ottimo Presidente della Repubblica”, non solo perché espressione di una larga maggioranza politica, ma più ancora per la capacità dimostrata di dialogare con tutti e di tenere alta la guardia sul rispetto dello Stato di diritto in un continente dove la democrazia qualche rischio lo corre. Come potrebbe correrlo l’Italia se il futuro Presidente della Repubblica non avesse un profilo istituzionale ed etico tale da renderlo garante del rispetto della Costituzione.

Intanto a Strasburgo il Parlamento europeo ha, da martedì scorso, una nuova Presidente, la giovane maltese  Roberta Metsola, proposta dal Partito popolare europeo e sostenuta dal consenso di una larga maggioranza delle forze europeiste, cui si è aggiunto il sostegno anche della destra italiana modificando, con il rischio di indebolirla, la “maggioranza Ursula” del luglio 2019, in un voto da cui si sono dissociati i Verdi. 

La scelta della larga maggioranza politica di Strasburgo potrebbe essere un messaggio per i Grandi elettori che, a partire dal 24 gennaio, saranno chiamati ad eleggere il Presidente della Repubblica. Con la speranza che si tratti di persona di alto profilo, umano e politico, in grado non solo di essere arbitro al di sopra delle parti in Italia, ma anche di essere un interlocutore apprezzato dai nostri partner europei, garantendo all’Italia un ruolo che è andato rafforzandosi in questi ultimi tempi nell’Unione Europea la quale, a sua volta, ha ricambiato con uno straordinario sostegno al nostro Paese, quello del “Recovery fund” destinato ad alimentare, se vi saranno le condizioni, il nostro “Piano nazionale per la ripresa e la resilienza” (PNRR), ad oggi correttamente gestito dal governo Draghi. 

Anche in questa prospettiva l’Unione Europea valuterà l’esito del voto del Presidente della Repubblica e le conseguenze politiche che ne deriveranno. 

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