Speranze e preoccupazioni al Consiglio europeo di Bruxelles

1089

Come ogni anno, i Capi di Stato e di governo si sono ritrovati, questa settimana, per il Consiglio europeo di primavera a Bruxelles, dove finalmente sembra sia spirata qualche brezza primaverile per l’economia europea. E questo nonostante la crisi greca che invece di avviarsi a soluzione rischia di aggravarsi e le tensioni politiche alimentate ulteriormente dall’attentato di Tunisi.

Per l’economia qualche segnale incoraggiante sembra esserci: la Banca centrale europea ha confermato una ripresa della crescita, seppure ancora timida e disuguale nei diversi Paesi, la disoccupazione complessivamente da inizio anno è in leggero calo, attestandosi all’11,4% all’interno dell’eurozona e al 9,9% nell’UE a 28 dove, su 24 milioni di disoccupati 228 mila hanno trovato lavoro, di cui 157 mila nella zona euro. Ancora solo una goccia nel mare, ma cresce la speranza che la barca riesca a disincagliarsi e tornare a navigare.

Anche per l’occupazione i segnali non sono omogenei: va bene in Germania e Austria con tassi di disoccupazione inferiori al 5%, continua ad andare male in Grecia e Spagna con una disoccupazione cinque volte più alta. Nel corso del 2014 è diminuito il tasso di disoccupazione in 24 Paesi, congelato in Belgio, cresciuto in Francia, Finlandia e Italia, dove siamo passati dal 12,6% al 12, 9%: il maggiore incremento registrato nell’UE. Qualche miglioramento anche per la disoccupazione giovanile ridotta al 7,2% in Germania, ma ancora sopra il 50% in Spagna e Grecia e al 42% in Italia.

Prospettive favorevoli per crescita e occupazione dovrebbero rafforzarsi grazie all’intervento da parte della Banca centrale europea con l’alleggerimento dei debiti sovrani (Quantitative easing) e il conseguente deprezzamento dell’euro che, ormai in vista della parità con il dollaro, favorisce le esportazioni, in particolare per un Paese come l’Italia, per la quale l’OCSE prevede per il 2015 una crescita dello 0,6%. E fa ben sperare per la nostra economia la discesa del prezzo del petrolio, anche se non va sottovalutato il rischio che, se l’ex – oro nero tornasse a crescere, con l’euro debole sarebbero dolori.

Così vanno le cose dentro l’UE. Più problematiche quelle fuori dai nostri confini dove sembra provvisoriamente sopito il conflitto in Ucraina (senza dimenticare però le dichiarazioni recenti di Putin sull’eventuale uso dell’arma nucleare ai tempi dell’annessione della Crimea), ma dove è esplosa la minaccia terroristica alle frontiere dell’UE con l’attentato di Tunisi e è ancora lontana una soluzione diplomatica per la crisi in Libia, per non parlare dei flussi migratori tuttora in attesa delle nuove misure europee annunciate per maggio.

Altri argomenti importanti sul tavolo del Consiglio europeo: il difficile negoziato con la Grecia, non facilitato dalla durezza tedesca, l’ennesimo tentativo di far partire una politica comune per l’energia e la ricerca di un’intesa su contenuti e tempi del negoziato in corso per il Trattato di libero scambio con gli USA, il cosiddetto TTIP sul quale bisognerà tenere gli occhi bene aperti: un tema sul quale torneremo presto.

Presente al Consiglio europeo un argomento politicamente molto sensibile, sfiorato più volte in questi anni e riproposto in questi ultimi giorni: l’ipotesi, adombrata da Jean – Claude Juncker e accolta con interesse da Angela Merkel, di avviare un cantiere in vista della creazione di un esercito europeo. Il tema non è nuovo: muove sotto traccia fin dall’insuccesso nel 1954 della Comunità europea della difesa (CED), ricomparendo in occasione di conflitti nell’area e quindi in tempi come questi in cui la crisi Ucraina ha riproposto all’UE il problema delicato dei rapporti non solo con la Russia ma anche con la NATO e con il suo azionista di maggioranza, gli USA. Si tratta di un argomento non disgiungibile da quello della titolarità della politica estera, oggi non delegata all’UE, nonostante la buona volontà della nostra Federica Mogherini, Alto Rappresentante per la politica estera e della sicurezza. Sarà interessante capire se, sotto la pressione del terrorismo islamista, arrivato ormai alle porte di casa, e nel quadro dei nostri rapporti con gli USA, l’UE muoverà qualche passo verso una sovranità condivisa in materia di sicurezza e difesa in Europa, non necessariamente con un proprio esercito, ma certamente con una politica estera comune. Prima che sia troppo tardi.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here