Solidarietà nell’UE e oltre, ma non solo a parole

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La settimana scorsa due virus differenti hanno alzato il livello di allarme in Europa: quello della pandemia da Covid-19 e quello dell’intolleranza islamista, con il feroce attentato di Nizza. A quell’allarme ha tentato di rispondere il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo, riunito in video-conferenza lo scorso 29 ottobre.

L’ordine del giorno prevedeva un confronto sulle risposte da dare alla pandemia, ma anche l’aggressione alla Francia si è imposta al tavolo del massimo organo politico dell’UE. Netta la presa di posizione sulla lotta all’estremismo islamista, meno quella in favore di una strategia comune sul fronte caldo del Covid-19. Ad unire i due temi, oltre l’ansia che su entrambi i fronti cresce tra i cittadini europei, il richiamo alla solidarietà comunitaria, messa duramente alla prova in questi ultimi tempi.

Sul versante della solidarietà economica e finanziaria la risposta del 21 luglio scorso è stata di straordinaria importanza: si tratta adesso di accelerare i tempi della sua traduzione in strumenti operativi dotati di risorse fresche e tempestive, probabilmente anche di rafforzare le decisioni già prese, come sembra di capire dalle allusioni della Banca centrale europea (BCE) dell’altro ieri e dai messaggi che giungono dalla Commissione europea a fronte del degradarsi della situazione economica e sociale nell’UE. E’ il momento di dimostrare concretamente ai cittadini europei che la solidarietà europea esiste, come già è stato fatto a proposito del sostegno alle casse integrazione europee e con i primi 10 miliardi di euro messi a disposizione dell’Italia.

Sul versante politico della lotta al terrorismo islamista, la traduzione concreta delle dichiarazioni di solidarietà del Consiglio europeo si annuncia più difficile e complessa e c’è da sperare che non si riduca a buone intenzioni, quelle  di cui “è lastricato l’inferno”, proprio quello che vorremmo tutti evitare. 

Nella sua dichiarazione congiunta del 29 ottobre, il Consiglio europeo condanna gli attacchi terroristici, considerati attacchi ai nostri valori comuni; conferma che i Paesi UE sono “uniti e fermi nella loro solidarietà alla Francia” nella comune lotta contro “il terrorismo e l’estremismo violento” e chiede ai “dirigenti del mondo intero di operare in favore del dialogo e dell’intesa tra le comunità e le religioni piuttosto che in favore della divisione”.

E qui viene il difficile: dentro l’Unione, perché l’unità deve fare i conti con una diversa percezione del pericolo e, sullo sfondo, con una diversa concezione della laicità dello Stato, quale rivendicata con forza e orgoglio dalla Francia; fuori dell’Unione perché “molti Islam” si agitano nel mondo, dando fiato a Paesi che, come la Turchia, colgono l’occasione di questo clima di intolleranza islamista per candidarsi ad aggregare e guidare i Paesi di cultura e religione islamica e, contemporaneamente, a contrastare sullo scacchiere internazionale la presenza e il ruolo dell’Unione Europea, e non solo della Francia, come accade nella vicina area mediterranea.

Questo per quanto riguarda il perimetro laico della politica. Ma anche le religioni – chiede il Consiglio europeo – devono fare la loro parte e “non operare in favore della divisione”. Una richiesta che suonerebbe superflua alla lettura dell’enciclica “Fratelli tutti”, senonché non ovunque le parole del Papa si traducono nella vita quotidiana dei cattolici, disorientati e impauriti da quanto accade e preda, non pochi di loro, di forze politiche che usano il rosario – e magari anche la Bibbia, esibita al rovescio come nel caso di Trump – per guadagnare voti.

E’ il momento che ognuno faccia concretamente la propria parte: la politica traducendo le parole di solidarietà in comportamenti condivisi, tanto all’interno che all’esterno dell’UE; le religioni dando prova che pace e fratellanza non sono parole vuote, pena il discredito e crescenti intolleranze che possono incendiare il mondo.     

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