Senegal, un respiro per la democrazia nel continente africano

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Le elezioni presidenziali in Senegal del 24 marzo scorso hanno portato alla vittoria un giovane candidato dell’opposizione di 44 anni, Bassirou Diomaye Faye. Il suo nome, almeno a livello internazionale, non era conosciuto, ma in Senegal era un nome legato alla speranza e al cambiamento e soprattutto un nome legato ad un’opposizione che si trovava dietro le sbarre di una prigione.

L’incerta situazione politica, i grandi disordini che attraversavano continuamente il Paese e soprattutto, la decisione del Presidente in carica, Macky Sall, di rinviare le elezioni presidenziali avevano riacceso gravi tensioni nel Paese, tanto da indurre il Parlamento a decidere un’amnistia per i leader dell’opposizione in carcere. In quel momento mancavano solo dieci giorni alle elezioni.

Dyomaye Faye è stato eletto con il 54% dei voti, una percentuale che non consente dubbi sulle scelte dei cittadini senegalesi, della loro voglia di cambiamento in uno dei Paesi più stabili dell’Africa Occidentale. Paese che, contrariamente a molti dei suoi vicini, ha sempre mantenuto e seguito un suo percorso democratico, messo recentemente in pericolo e minacciato con l’accentuarsi degli atteggiamenti autoritari del Presidente Sall, in carica dal 2012 e giunto alla fine del suo secondo mandato. 

Il nuovo Presidente ha riacceso le speranze dei giovani, un elettorato particolarmente significativo in un Paese dove il 75% della popolazione ha meno di 35 anni e dove la disoccupazione, malgrado la buona salute economica, rimane molto forte.

All’indomani di un voto che ha portato alla prospettiva e alla promessa di un cambiamento radicale e ha conferito una solida legittimità al nuovo Presidente, sarà importante capire, attraverso le innumerevoli sfide che ciò comporta, quali saranno le risposte alle attese politiche, sociali ed economiche dei Senegalesi. 

Diomaye Faye, nel suo primo intervento, ha delineato la sua visione della futura politica interna, imperniata in particolare sulla riconciliazione nazionale, sulla sovranità del Paese, sul rinnovamento delle Istituzioni, sulla lotta alla corruzione, sulla riforma della giustizia, sul rafforzamento dell’indipendenza giudiziaria, sulla distribuzione più equa delle ricchezze del Paese e sulla lotta contro la disoccupazione. 

Anche in politica estera, Diomaye Faye ha mandato importanti segnali di cambiamento. Per portare avanti la seconda economia dell’Africa francofona, è convinto della necessità di rinegoziare gli accordi internazionali su molti dossier, dal gas al petrolio, dalla pesca alla difesa. Non vanno dimenticate infatti le importanti scoperte di giacimenti di petrolio e gas al largo delle coste del Senegal, risorse che dovrebbero essere sfruttate a partire da quest’anno. 

Sarà un punto delicato anche l’obiettivo dichiarato di uscire dal franco CFA, moneta in uso in diversi Paesi africani, ex colonie francesi, considerata un retaggio coloniale da superare e da sostituire con una nuova moneta comune per i Paesi dell’ECOWAS (Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale). Rimane l’aspetto della cooperazione sulla sicurezza e la difesa, settore sensibile al quale guarda in particolare la Russia, mentre la Cina, che intende rafforzare i suoi legami con il continente africano, co-presiederà il prossimo Forum di cooperazione Cina-Africa 2024 proprio con il Senegal.

Significativi quindi i cambiamenti promessi e in prospettiva dopo queste elezioni senegalesi. Sarà un ulteriore richiamo d’attenzione politica anche per l’Unione Europea e per l’Italia, impegnate a definire una nuova strategia di cooperazione con il grande continente africano, in grande evoluzione politica, economica e culturale.

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