Se nell’Ue governano i ministri dell’interno

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Non è mai buon segno quando un Paese non può contare su un governo collegiale, in grado di dare risposte equilibrate a problemi complessi. A quello in particolare dei flussi migratori, per il quale sarebbe sempre più urgente trovare una soluzione, non solo nell’immediato ma anche nel medio e lungo periodo, come esigono i tempi di un fenomeno epocale che il mondo – e non solo l’Europa – sta vivendo.

Nel Consiglio europeo di fine giugno una risposta era attesa dai Capi di Stato e di governo, contando sulle loro responsabilità globali tanto nelle politiche nazionali che in quelle europee.

Il risultato è noto: il vertice si è concluso con una “accordo sul disaccordo”, rinviando la ricerca di una soluzione al Consiglio dei ministri settoriali e alla Commissione, cui spetta nell’UE il diritto/dovere di proporre linee comuni nel processo di integrazione. Stante la debolezza politica di quest’ultima, la palla è stata ripresa con insolita tempestività dai ministri dell’Interno, alcuni dei quali con qualche eccesso di ruolo in seno ai propri governi.

Una prima conferma viene dall’incontro dell’11 luglio a Innsbruck dei ministri dell’Interno di Austria, Germania e Italia: un trio non banale, non solo per il ruolo che giocano nei rispettivi governi ma anche per il loro profilo politico, per molti versi omogeneo, ma con interessi tra loro divergenti, come è naturale per dei “sovranisti”.

E’ interessante provare a conoscere questi signori più da vicino: potrebbe essere utile per capirne le loro mosse future.

Herbert Kickl è il ministro dell’Interno austriaco e presidente di turno UE in questo semestre per il Consiglio dei ministri suoi colleghi. Segretario generale del partito di estrema destra FPOE, distintosi per le sue campagne islamofobe, è entrato nel governo del cancelliere Sebastian Kurz con due suoi sodali al ministero degli Esteri e della Difesa, condizionando non poco il governo. Di lui si ricordano gli interventi in favore del riconoscimento della cittadinanza austriaca ai cittadini italiani dell’Alto Adige.

Horst Seehofer è il ministro dell’Interno tedesco, avversario politico della Cancelliera Angela Merkel della cui maggioranza il suo partito – la conservatrice CSU bavarese, preoccupata per le elezioni d’ottobre – fa parte. Alla Cancelliera aveva dato un ultimatum pesante alla vigilia dello scorso Consiglio europeo se non avesse rinunciato alle sue aperture in favore dell’accoglienza dei migranti, ottenendone una non rassicurante marcia indietro.

Matteo Salvini è ministro dell’Interno italiano, lo conosciamo e ogni giorno impariamo a conoscerlo meglio, in particolare quando esonda dalle sue competenze o quando non esita a straripare fuori dagli argini della legalità.

Tema principale dell’incontro di Innsbruck il problema dei movimenti migratori “secondari”, quelli dei migranti candidati a ritornare, prevalentemente dalla Germania, sui propri passi, cioè nei Paesi di primo approdo quali l’Italia, la Grecia e la Spagna. Oggi, in attesa che si metta finalmente mano alla riforma dell’Accordo di Dublino, la soluzione del problema passa attraverso accordi bilaterali tra i Paesi interessati, accordi siglati dalla Grecia e dalla Spagna con la Germania, ma non dall’Italia. Un nodo che Salvini è chiamato a sciogliere; anche se sarebbe meglio se a provarci fosse il nostro ministro degli Esteri o quello per gli Affari europei, quel Paolo Savona provvisoriamente scomparso dagli schermi radar.

Sarebbe poi perfetto se qualcuno in Italia   ricordasse l’articolo 95 della Costituzione (“Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l’attività dei ministri”), ma si sa: la perfezione di non è di questo mondo. E ancor meno di questo governo.   

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