Se l’Unione Europea diventa preda

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In questi tempi di “grande confusione sotto il cielo”, senza poter dire con l’antica saggezza asiatica che “quindi la situazione è eccellente”, vale la pena interrogarsi sul destino dell’Unione Europea, alle prese con interessi non proprio nobili. Come testimoniano vicende recenti anche in Italia, tanto nella gestione dei Fondi europei che nella propaganda politica in vista delle elezioni del Parlamento europeo a inizio giugno.

È ancora calda la notizia della maxi frode, su cui indagano le autorità europee, a proposito di una quota importante del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), stimata attorno a 600 milioni di euro. La vicenda è complicata, l’inchiesta è in corso, ma alcune misure sanzionatorie già sono state adottate, compresi 22 arresti.

In attesa che la giustizia europea, coadiuvata da quella italiana, faccia il suo corso se ne sa già abbastanza per alzare il livello di allarme, non solo finanziario ma anche politico, sulla gestione nazionale del PNRR, ghiotto strumento di propaganda politica.

Chiariamo gli elementi essenziali dell’accusa, cominciando col ricordare la straordinaria quota del “Piano europeo di ripresa” (NextGenerationEu) destinato all’Italia, vicino ai 200 miliardi di euro: risorse particolarmente importanti a fronte di una condizione particolarmente precaria dell’economia italiana, affidata a un’Amministrazione già in affanno a gestire correttamente e nei tempi previsti il bilancio ordinario dello Stato. 

Una gestione certo non facilitata dall’alternanza di tre governi responsabili dell’esecuzione del programma di investimenti da attivare entro il 2026. Si sa che la fretta fa i gattini ciechi, ma nella fretta c’è chi ci vede benissimo, come le organizzazioni criminali che non esitano a buttarsi sulla preda. Il contrasto all’azione criminale è attivata d’intesa tra le Istituzioni UE e, in questo caso, la Guardia di finanza italiana. L’indagine è stata condotta su larga scala dalla Procura europea indipendente dell’UE, responsabile di indagare, perseguire e rinviare a giudizio i reati che ledono gli interessi finanziari dell’UE. Si tratta di un contrasto non facile da portare a compimento e per la complessità degli intrecci finanziari pluri-nazionali, attivi in questa vicenda in Italia, con Venezia al centro, in Austria, Romania e Slovacchia e per la sofisticazione degli strumenti utilizzati. Ne dà qualche cenno la Procura europea quando scrive che: “I soggetti oggetto dell’indagine hanno utilizzato tecnologie avanzate, quali VPN, server cloud situati all’estero, cripto-attività e software di intelligenza artificiale, per effettuare i comportamenti fraudolenti e nascondere e proteggere l’attività illegale”.

Già questi pochi elementi denunciano la gravità della situazione, che peggiora ulteriormente quando si constata che al 31 dicembre 2023 la Procura europea aveva avviato 206 inchieste sul PNRR, di cui ben 179 in Italia. Non proprio un bel biglietto da visita per l’Italia nell’Unione Europea, dove sono state attivate dall’UE altre 70 procedure di infrazione, di cui 55 per violazione del diritto dell’Unione e 15 per mancato recepimento di direttive.

Ancora più sconcertante che in questo quadro vi siano forze politiche che s’avventano a loro volta sulla preda europea, accusata di “eurofollia” o di non avere comprensione per le difficoltà dell’economia italiana. Sta per iniziare il percorso verso la definizione del “Documento di economia e finanza” (DEF), in vista del futuro bilancio italiano, con numeri di previsione ottimisti ma non tali da evitare altre procedure di infrazione per l’Italia, il tutto rinviato prudentemente dopo le elezioni europee per non allarmare i cittadini-elettori.

Per i quali dovrebbe valere la regola aurea delle “Prediche inutili” di Einaudi: conoscere per deliberare. E per votare. 

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