Scoprire il Monti-pensiero

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Da oltre un anno a questa parte molti italiani hanno cominciato a conoscere Mario Monti. Ne hanno scoperto il profilo di tecnocrate apprezzato in Europa e nel mondo, poi via via il governante severo del rigore, il pedagogo delle lunghe e anche un po’ noiose conferenze stampa.

Negli ultimi tempi l’attenzione si è spostata sul futuro di Monti, che più d’uno vorrebbe ancora alla guida del prossimo governo, qualcun altro al Quirinale o in Europa e qualcun altro di ritorno alla Bocconi, di tutte l’ipotesi più improbabile.

Vale la pena allora provare ad approfondirne un po’ la conoscenza, anche grazie al libro appena pubblicato con l’europarlamentare francese liberal-democratica, Sylvie Goulard, con un titolo ambizioso, forse troppo: La democrazia in Europa. Guardare lontano (Rizzoli, 2012, 18 €).

Diciamo subito che è senz’altro condivisibile la scelta di mettere al centro della riflessione il tema della democrazia, quello che ci interpellerà nei prossimi mesi e anni in Italia e in Europa.

Giusto anche cominciare dall’Europa, per portare alla luce da una parte le virtù sottovalutate delle istituzioni comunitarie e i vizi nascosti delle democrazie nazionali e chiarire che “l’Europa comunitaria non è un abominio e che neanche lo Stato nazione è il migliore dei mondi possibili”: una premessa che consente di proseguire la riflessione e “affrontare la questione delle lacune della democrazia europea” (p. 39).

Seguono due capitoli ispirati alla definizione di democrazia di Abraham Lincoln “Il governo del popolo, da parte del popolo, per il popolo”. Per la verità nel libro manca il capitolo sul governo “da parte del popolo” e non è sicuro che sia solo una dimenticanza, vista anche la reticenza di Monti ad associare in Italia le parti sociali al processo decisionale, ma forse si tratta solo di un sospetto.

Centrale nell’argomentazione degli autori il ruolo del Parlamento Europeo e la forza che potrebbe venirgli dalla sua legittimità popolare diretta a fronte di quella indiretta, ma tuttora con un potere di gran lunga prevalente, del Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo.

Si innestano qui riflessioni poco condivisibili sulla centralità del “popolo” europeo, ostinatamente declinato al singolare quando una delle forze, se non dell’identità, dell’Europa è proprio la pluralità dei suoi popoli, fondamenti di una democrazia nuova e complessa “tra le nazioni” in grado di anticipare proposte per la futura “governance” mondiale.

Più convincenti gli spunti suggeriti dalla crisi dell’euro e riassunti nel timore espresso da Amartya Sen che “l’euro possa spazzare via la democrazia in Europa” (p. 68).

Non sorprende invece il rilievo accordato al mercato unico, visione talmente montiana che il nostro Presidente del Consiglio non esita a citarsi alla terza persona (p. 105), senza tuttavia che sia chiaro al lettore – e forse nemmeno agli Autori – che cosa sia un’autentica “economia sociale di mercato”, salvo citare l’esempio tedesco depurandolo di una dimensione essenziale come quella della concertazione con le parti sociali.

Molte altre pagine meriterebbero di essere segnalate, come quelle su temi oggi di grande attualità come il bilancio dell’Unione e la sua inesistente politica fiscale o quelle sulle prospettive future dell’UE alla quale si propone di mantenere la rotta tornando a puntare sull’unità e di prevedere modalità precise per l’inevitabile revisione dei Trattati, prendendo in carico le attese delle generazioni future.

Il libro si conclude con la lista sintetica di dodici idee che “stanno a cuore” agli Autori: il che, oltre  rassicurarci che anche il nostro Presidente del Consiglio ha un cuore, ricorda a tutti noi che non basterà l’intelligenza né dei politici né dei tecnici per costruire l’Europa di domani, ma sarà necessaria anche e soprattutto quella dei suoi cittadini e del loro cuore.

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