Nella sessione plenaria del Parlamento europeo della settimana scorsa il tema del blocco alla vendita nell’UE delle auto a benzina e diesel nel 2035 ha rubato la scena ad altre risoluzioni importanti dell’Assemblea di Strasburgo. Tra queste quella relativa alla “richiesta di convocare una Convenzione per la revisione dei Trattati”, adottata a larga maggioranza con 355 voti favorevoli e 154 contrari, a testimonianza di un consenso che si va delineando nelle Istituzioni europee, anche se con posizioni ancora fluide, sull’urgenza di ridisegnare il progetto politico europeo e le regole per consentirne un rilancio.
Non mancano certo le ragioni per farlo, tenuto conto che il Trattato di Lisbona è entrato in vigore a dicembre del 2009, dopo essere stato firmato nel dicembre 2007, ma ritardato da un faticoso processo di ratifica. In questi 15 anni l’Unione Europea è stata sottoposta a sfide straordinarie, come la crisi economico-finanziaria dello scorso decennio, l’irruzione della pandemia a inizio 2020 e il ritorno della guerra in Europa il febbraio scorso con l’aggressione della Russia all’Ucraina, senza contare il progressivo aggravamento dello stato di salute del pianeta.
C’era di che muoversi da tempo, anche se alcuni segnali si erano già manifestati in questa direzione: tra questi l’esito del voto pro-europeista delle elezioni per il Parlamento europeo e il ricambio ai Vertici istituzionali UE nel 2019, l’uscita del Regno Unito dall’UE nel 2020, le crescenti tensioni con Polonia e Ungheria sul rispetto dello Stato di diritto, con le ultime provocazioni di Viktor Orban nella vicenda delle sanzioni europee all’aggressore russo.
Un contributo alla riforma dell’UE lo ha ancora dato la “Conferenza sul futuro dell’Europa” appena conclusa ed è con riferimento alle sue proposte che il Parlamento europeo sta provando a riaprire il cantiere complesso delle riforme nell’Unione con la sua risoluzione adottata il 9 giugno.
Nel mirino del Parlamento la revisione delle procedure di voto per ridurre le decisioni da adottare all’unanimità, l’adeguamento delle competenze dell’Unione nei settori della salute, dell’energia, dell’ambiente, delle politiche sociali, con una particolare attenzione a “promuovere investimenti proiettati al futuro e incentrati sulla transizione giusta, verde e digitale”.
Con l’occasione il Parlamento non perde l’occasione di rilanciare una sua tradizionale rivendicazione perché gli venga riconosciuto il diritto d’iniziativa nel processo legislativo,oggi detenuto dalla sola Commissione europea, e gli vengano conferiti “pieni diritti di codecisione sul bilancio UE e il diritto di avviare, modificare o abrogare atti legislativi”. Tutto questo in un quadro di “protezione dei valori su cui si fonda l’UE”, chiarendo “l’accertamento e le conseguenze delle violazioni dei valori fondamentali”, un implicito riferimento a Polonia e Ungheria.
Sono queste le prime proposte, particolarmente importanti perché provengono dalla sola Istituzione UE legittimata con un voto a suffragio universale diretto a livello europeo e perché sono destinate a mettere in moto gli altri attori politici da coinvolgere, non solo a livello europeo ma anche a quello dei parlamenti e dei governi nazionali, tredici dei quali hanno già manifestato la loro contrarietà a riformare i Trattati.
Per non perdere altro tempo il Parlamento ha chiesto che sul tema della riforma si pronunci il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo che si riunirà il 23-24 giugno prossimo. In quella occasione si comincerà a capire qualcosa di più sul futuro dell’Unione, con la speranza che venga preparato fin da subito.