Quali prospettive per i Paesi Balcanici nell’UE

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Si è concluso a Trieste il 12 luglio scorso il quarto Vertice del Processo di Berlino che ha come obiettivo di rilanciare il progetto di integrazione europea dei Balcani Occidentali. Composto, da una parte, dai sei Paesi balcanici coinvolti (Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia) e dall’altra da alcuni Stati membri dell’UE (Austria, Croazia, Francia, Germania, Italia e Slovenia) nonché dai Rappresentanti delle Istituzioni Europee. Il Vertice si è svolto in un momento molto delicato non solo per l’Unione Europea, ma anche per gli stessi Paesi della regione.

In discussione e in gioco, a livello politico, il futuro dei Balcani Occidentali e il loro approdo nell’Unione Europea. Una tappa di riflessione su un processo di integrazione avviato anni fa sulle ceneri di guerre fratricide ed etnico-religiose che hanno segnato a lungo e segnano tuttora divisioni e rapporti fra i Paesi balcanici. Un processo che ha tuttavia aperto timidi spiragli di cooperazione regionale e di dialogo nella prospettiva di un comune ravvicinamento all’Europa e ai suoi valori.

Non vanno infatti sottovalutati, al riguardo, alcuni segnali positivi che giungono, ad esempio, dai nuovi rapporti tra la Serbia e l’Albania, nonché i tentativi di sciogliere e superare i difficili nodi del rapporto tra la Serbia e il Kosovo. Certo è che la strada di una concreta riappacificazione, di un progresso verso lo stato di diritto o verso la stabilità democratica, economica, sociale e culturale, è, anche se a diversi livelli per i vari Paesi, ancora molto lunga. Ed è una situazione che, se non opportunamente accompagnata e sostenuta in una prospettiva a lungo termine, potrebbe di nuovo degenerare in conflitti, come dimostra la preoccupante instabilità politica della Bosnia.

Purtroppo, di fronte a loro, si è presentata un’Europa in evidenti difficoltà e non in grado di rappresentare quel sostegno politico necessario a disegnare un futuro di adesione. L’Europa in chiare difficoltà già a partire dalla crisi finanziaria ed economica scoppiata nel 2008, che ha spinto alcuni Paesi dei Balcani a cercare nuovi partner economici. Un’Europa oggi anche in una profonda crisi politica, dall’uscita del Regno Unito alla grande sfida dei flussi migratori, che mettono a grave rischio la coesione e la solidarietà fra Stati membri.

Non solo, ma in un mondo che cambia, da un punto di vista degli equilibri geopolitici, così rapidamente, con l’Unione Europea circondata, sia a sud del Mediterraneo che ai suoi confini orientali, da gravi instabilità e conflitti senza essere attrezzata da strumenti adeguati e cioè da una politica estera e di difesa comune. Sulla scena internazionale tuttavia, appaiono nuovi attori dal peso politico ed economico sempre più importante, come Russia e Cina, mentre diventa sempre più indecifrabile il nuovo ruolo degli Stati Uniti e la loro leadership mondiale.

In questo contesto, grande è nei Paesi dei Balcani la preoccupazione che l’allargamento e la loro adesione all’Unione Europea finisca in calce alle priorità politiche europee. Certo, l’Europa ha promesso sostegno finanziario, sostegno alle riforme strutturali, ha rilanciato l’idea di un mercato integrato, ma non ha parlato di adesione.

Sebbene l’importanza geopolitica dei Balcani occidentali per l’Europa sia evidente, la mancanza di una reale prospettiva europea potrebbe aprire spazi di influenza ai nuovi attori, Russia e Turchia in particolare. Una prospettiva carica di interrogativi, che vanno da nuovi e inevitabili rapporti tra l’Unione Europea e la Russia, al ruolo della NATO nella regione, dalla lotta al terrorismo alla soluzione dei conflitti in Medio Oriente e alla gestione dei flussi migratori.

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