Premio Nobel contro la fame

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Quest’anno il Nobel per la pace è stato assegnato al Programma Alimentare Mondiale (World Food Programme – WFP), l’agenzia dell’ONU, con sede a Roma, che ha come missione di lottare contro la fame e l’insicurezza alimentare nel mondo. Senz’altro la pandemia di Coronavirus ha ulteriormente messo in evidenza l’estrema fragilità di buona parte della popolazione mondiale, dove conflitti, cambiamenti climatici, migrazioni forzate, esclusione dalle cure mediche in particolare, concorrono a spingere sempre più donne e uomini verso la povertà assoluta. 

Ma, forse a differenza degli anni scorsi, il premio Nobel di quest’anno, al di là delle motivazioni ufficiali che premiano l’immenso operato dell’organizzazione e il suo ruolo di pace nel mondo, nasconde fra le sue pieghe inequivocabili richiami geopolitici e inevitabili considerazioni sul persistere e il progredire della fame nel mondo, a scapito dell’obiettivo politico di uno sviluppo sostenibile. 

E’ necessario riferire qui alcune cifre: nel 2019 il PAM ha fornito assistenza a quasi 90 milioni di persone in 88 Paesi. Nello stesso anno, 135 milioni di persone soffrivano di fame acuta, il numero più alto da alcuni anni a questa parte, dovuto in particolare alle guerre e ai conflitti armati. 

Le previsioni per il futuro sono oscure, se si tiene conto delle potenziali vittime della pandemia e della crisi economica che si profila all’orizzonte. Una situazione che rivela non solo l’avanzare di una “fame globale”, ma mette in evidenza anche altre cause, oltre a quelle dei conflitti e delle guerre: le profonde ingiustizie sociali e le discriminazioni, le grandi disuguaglianze, con i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, lo sfruttamento irresponsabile della Terra e i diritti negati di tanti lavoratori…Tutte considerazioni che scaturiscono implicitamente da questo Premio Nobel, cosciente del fatto che l’approccio umanitario alla fame è solo un primo lodevole passo nell’emergenza, ma non certamente sufficiente ed adeguato ad affrontare le grandi sfide globali all’origine della fame e dell’indigenza, sfide che chiamano in causa la responsabilità degli attori politici del mondo intero. 

Ed è appunto di fronte alla consapevolezza di tali sfide e del crescente disordine mondiale, che il Premio Nobel invia un forte messaggio di cooperazione internazionale e di richiamo al rafforzamento del multilateralismo, proprio in un momento in cui l’ONU e le sue Istituzioni sono a rischio di grave indebolimento di fronte all’incalzare di nuovi protezionismi e nuovi nazionalismi. Un messaggio rivolto con garbata discrezione agli Stati Uniti in particolare, che in questi ultimi anni di Presidenza Trump non hanno risparmiato sforzi per screditare le Nazioni Unite e dove l’ultima mossa è stata quella di abbandonare l’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità). Un messaggio, tra l’altro, che interviene a ormai poche settimane dalle elezioni presidenziali.

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