Poche aperture dell’UE per i migranti

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Chi avesse scorso le prime pagine dei quotidiani italiani dello scorso 11 aprile non avrebbe potuto capire molto di quanto avvenuto il giorno prima al Parlamento europeo a proposito del “Patto migrazione e asilo”. I titoli degli articoli si contraddicevano, creando confusione per il lettore, inducendolo probabilmente a passare ad altri temi. A qualche giorno di distanza vorremmo, per quanto possibile, provare a rimediare, mettendo in fila qualche informazione essenziale accompagnandole con poche sobrie valutazioni su quanto accaduto.

Premesso che i flussi migratori sono una costante nella vita degli umani, dentro e al di fuori dai diversi continenti, proviamo a leggerli nel “breve periodo” di questi ultimi vent’anni, limitandoci ai soli movimenti che interessano più direttamente l’Europa. Le crisi economiche e le guerre di questa difficile stagione della storia hanno sicuramente accelerato i flussi migratori, come nel caso di quelli in provenienza dai Balcani, dal Medioriente e dall’Africa. 

Quando a inizio secolo l’Unione mise mano alla riforma dei suoi Trattati sembrava volerne tenere  conto, come testimonia l’art. 79 del Trattato di Lisbona attualmente in vigore da fine 2009: “L’Unione sviluppa una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare, in ogni fase, una gestione efficace dei flussi migratori…”. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti e molti migranti sono annegati nelle acque del Mediterraneo e quell’impegno a “sviluppare una politica comune” si è fatto aspettare.

La situazione, ulteriormente aggravatasi con lo straordinario flusso di migranti in provenienza dalla Siria nel 2015, e proseguita a ritmo accelerato in questi ultimi anni, ha spinto l’Unione a mettere sul tavolo nel 2020 una proposta di “Patto migrazione e asilo”, quello appunto finalmente votato lo scorso 10 aprile a Strasburgo. 

Si è trattato di un documento inevitabilmente complesso, articolato in una decina di misure, adottato dal Parlamento europeo con 322 voti favorevoli, 266 contrari e 31 astensioni e adesso in attesa di una decisione finale del Consiglio dei ministri per andare in esecuzione tra due anni. Non proprio un’approvazione tempestiva e forte di un solido consenso, per temi ad alta sensibilità politica, come la solidarietà obbligatoria verso i Paesi sotto forte pressione migratoria, il controllo dei migranti prima dell’ingresso nell’UE, le nuove procedure per le domande d’asilo e le relative condizioni per l’accoglienza: sullo sfondo l’orientamento prevalente alla chiusura delle frontiere e all’incremento dei respingimenti.

Al voto si sono spaccate le destre e non sono mancati dissensi nel centro sinistra, come nel caso dei parlamentari del Partito democratico italiano che hanno votato le misure di solidarietà, contrari invece verso quelle che mettono a rischio i diritti umani e non promuovono politiche di accoglienza; sul versante opposto il voto contrario delle destre che chiedevano chiusure rafforzate ai flussi migratori alle frontiere esterne dell’UE e più forti accelerazioni nelle procedure di respingimento.

Molto numerose le organizzazioni non-governative che avevano cercato di contrastare queste misure, in nome del salvataggio dei migranti e del rispetto dei loro diritti, a cominciare da quelli dei minori, qualcuno ricordando le parole di papa Francesco nel 2016: “Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà?” Purtroppo molte cose sono ancora accadute da allora: un’ondata populista che ha fatto leva sulla paura della cosiddetta “invasione”, per qualcuno addirittura sul rischio di una “sostituzione etnica”, tutti ingredienti utili per raggranellare qualche punto di consenso in più alle elezioni. 

Si è trattato di una leva che ha funzionato in Europa in elezioni nazionali e locali e sono in molti a sperare che tornino a funzionare nelle elezioni europee del prossimo giugno. Da una parte i voti, dall’altra le persone migranti: sulla bilancia della politica – che non è necessariamente quella della giustizia – pesano di più la conquista e il mantenimento del potere che la difesa dei diritti e delle regole umanitarie.

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