Più Europa in Italia e più Italia in Europa

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La nuova legislatura sta partendo con qualche lentezza di cui questa Italia non avrebbe davvero bisogno ma è di buon auspicio che i suoi primi passi si muovano verso l’Europa, di cui fu Paese fondatore oltre cinquant’anni fa e da cui si era andata pericolosamente allontanando in questi ultimi anni. A tenerla aggrappata all’Europa era stata soprattutto la tenace coerenza di Carlo Azeglio Ciampi e un arco non molto ampio di forze politiche, per la verità   più nel Parlamento europeo che non in quello italiano. Poche in questi anni le tracce di Europa infatti nel dibattito politico nazionale, non solo nel corso della recente e penosa campagna elettorale, ma anche alla vigilia delle elezioni europee del giugno 2004 e addirittura in occasione della ratifica del Trattato costituzionale UE da parte del Parlamento italiano (aprile 2005).
Adesso finalmente l’Europa ritorna sulla scena italiana, a cominciare dall’elezione di Giorgio Napolitano a Presidente della Repubblica. Molto si è detto del suo profilo di garante delle Istituzioni repubblicane e di uomo in grado di riavviare un dialogo tra le attuali coalizioni. Meno si è evocato il suo percorso europeo che lo ha portato dai gravi errori commessi – ma anche ammessi – al momento della repressione sovietica in Ungheria nel 1956, passando poi per la stagione dell’eurocomunismo fino all’adesione convinta e attiva al cantiere dell’integrazione europea. In questo ambito Giorgio Napolitano ha svolto un ruolo importante nella sinistra riformista nella sua qualità   di parlamentare europeo e, in questi ultimi anni, di Presidente della commissione Affari Istituzionali del Parlamento europeo durante i lavori della Convenzione che elaborಠil Progetto di Trattato costituzionale.
Anche da questo punto di vista era difficile scegliere un migliore successore a Ciampi per proseguire il cammino dell’Italia nel solco dell’integrazione europea. Giorgio Napolitano già   lo ha chiaramente confermato nel suo discorso di insediamento nel quale l’Europa è stato uno dei temi centrali e forse tra i più vigorosi, con richiami alle radici plurali della partecipazione italiana all’impresa europea di cui sono stati protagonisti uomini diversi come De Gasperi e Spinelli, Segni e Martino, padre ovviamente. Della vicenda europea Napolitano non ha occultato l’attuale momento critico senza per questo rinunciare a dichiarare che non vi è «alcuna alternativa al rilancio della costruzione europea» e impegnando l’Italia a «creare le condizioni per l’entrata in vigore di un testo di autentica rilevanza costituzionale» quale quello già   ratificato dall’Italia e da altri quattordici Paesi dell’UE.
E tuttavia, per camminare sulla strada dell’Europa non basta un buon Presidente della Repubblica: l’esperienza della passata legislatura ne è stata la triste prova. Bisogna che anche l’Esecutivo sia all’altezza di questo compito oggi particolarmente difficile, non solo per le gravi inadempienze dell’Italia ma anche per il pericoloso prolungarsi della crisi dell’Unione europea alla ricerca di una Costituzione e di un rilancio della sua iniziativa interna ed esterna. I primi segnali vengono già   dalla composizione del Governo – che tuttavia avremmo voluto meno torturata – e più ancora dal suo programma la cui realizzazione andrà   sorvegliata con tutta la severità   che la situazione del nostro Paese esige. Una prima positiva discontinuità   con il passato risiede sicuramente nella cultura europea, a diverso titolo, della nuova coalizione di governo le cui forze politiche hanno dignitose rappresentanze nel Parlamento di Strasburgo dove non si dovranno più temere i ripetuti incresciosi incidenti di cui si resero responsabili il passato Presidente del Consiglio e parlamentari leghisti il cui nome non merita alcuna citazione. Ma se fosse solo questo l’unico risultato sarebbe poco e certo non basterebbe a risollevare la credibilità   italiana in Europa. Fortunatamente questo nuovo Governo si presenta all’Europa con buone credenziali, a cominciare dal Presidente del Consiglio, Romano Prodi, che ha guidato per cinque anni la Commissione europea a Bruxelles nella legislatura che ha registrato due successi storici: la creazione dell’euro e l’ allargamento dell’UE ad est. Due risultati di cui proprio l’Italia deve rapidamente rimpossessarsi dando prova di disciplina nel rispetto delle regole del Patto di stabilità   e riprendendo iniziativa nel cantiere degli allargamenti in corso, in particolare nella vicina area balcanica.
Davanti al Senato, presentando il suo programma, Romano Prodi ha impegnato con chiarezza il suo Governo per una nuova politica internazionale attenta ai rischi presenti nell’area mediorientale, ai bisogni dell’Africa, alle esigenze della vicina area mediterranea. Ma tutto questo insieme con l’Europa su cui «ogni volta che l’Italia ha scommesso, ha vinto» e insieme alla quale si puಠeffettivamente contare nella riconfermata alleanza storica con gli USA. Per fare questo vi è una strada obbligata, quella del rafforzamento dell’Unione europea che bisogna dotare di un vero governo economico e di una nuova Costituzione e questo prima del 2009, quando i cittadini europei saranno chiamati alle future elezioni europee.
Affiancano Romano Prodi nel Governo personalità   che hanno esperienza di rapporti europei sia per i ruoli esercitati all’interno del Parlamento europeo, come nel caso dei due Vicepresidenti e di diversi altri Ministri sia per le esperienze di gestione di politiche europee o di responsabilità   nel governo dell’euro come nel caso di Tommaso Padoa Schioppa, svincolato da appartenenze di partito anche perchà© già   tanto sarà   vincolato dalla dura disciplina che aspetta l’Italia chiamata a risanare i suoi disastrati conti pubblici. Nà© è priva di significato e di impatto europeo la presenza nell’Esecutivo di una personalità   come Giuliano Amato, apprezzato vicepresidenze della Convenzione europea cui si deve il Trattato costituzionale in corso di ratifica.
A questo Governo è chiesta una prova di grande coraggio per rispondere ad una sfida straordinaria: ritornare in Europa ed aiutarla a ripartire. Una prima risposta verrà   dal programma e dalle convergenze che emergeranno dal dibattito parlamentare: sarà   importante seguirne da vicino la realizzazione anche per misurare la nuova effettiva credibilità   dell’Italia in Europa.

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