Pensare alla vita futura dell’Europa

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Le guerre che circondano l’Europa e il dramma dei migranti con il loro corteo di morti, e molti tra questi bambini, inquietano sul futuro dell’Unione Europea, la sua popolazione e la sua stessa sopravvivenza come comunità capace di vivere serenamente in casa propria e promuovere dialogo e pace nel resto del mondo.

Nell’ora buia che stiamo vivendo ai nostri immediati confini, dall’Ucraina da non dimenticare al Medioriente che speriamo non deflagri più di quanto già non avviene, una pausa di riflessione si impone sulla vita futura nell’Unione Europea che invecchia, senza che nuove generazioni riescano ad equilibrare le generazioni di anziani.

Nell’UE la soglia di riequilibrio tra le generazioni è stimata a 2,05 bambini per donna in età feconda, ma praticamente tutti i Paesi membri sono sotto questa soglia o vi sono caduti in questo ultimo decennio, come nel caso della Francia e dell’Irlanda. Mentre la media del tasso di fecondità nell’UE è di 1,53 bambini nel 2021, alcuni Paesi sono molto più sotto: è il caso della Grecia (1,40), della Germania (1,39), dell’Italia (1,25) e della Spagna (1,19).

Pochi numeri che bastano a raccontare quanto sta accadendo e che hanno spinto la Commissione europea ad adottare la settimana scorsa una comunicazione che illustra una serie di strumenti politici a disposizione degli Stati membri per la gestione, cui questa responsabilità compete, dell’evoluzione demografica e dei relativi effetti sulla società e sull’economia dell’UE, anche nel quadro della futura sua competitività nel mondo.

Quattro sono gli assi portanti a sostegno delle politiche di rafforzamento della natalità che possono articolarsi tra loro per ottenere risultati significativi. Si comincia con il sostegno ai genitori tramite una migliore conciliazione fra aspirazioni familiari e lavoro retribuito, senza dimenticare la disponibilità di strutture di qualità per l’infanzia. Si prosegue con il sostegno alle giovani generazioni, agevolandone l’accesso al mercato del lavoro e ad alloggi a prezzo abbordabile. 

Sarà importante anche mettere in grado le generazioni più anziane di godere di maggiori capacità di autonomia e, ove necessario, rispondere alla carenza di manodopera tramite una migrazione regolare controllata.

Queste linee politiche potranno trovare un utile supporto nello sviluppo di un “Atlante della demografia”, migliorando le statistiche su popolazione e alloggi e integrando la questione demografica nelle pertinenti politiche dell’Unione.

L’impatto della crisi demografica sul futuro dell’Europa è evidente, non solo per quanto riguarda la vita sociale e la coesione e la solidarietà intergenerazionale e per la salvaguardia della democrazia minacciata da crescenti diseguaglianze, ma anche per la competizione economica, sulla quale peserebbero l’aggravamento della carenza di manodopera e l’aumento della pressione sui bilanci pubblici con effetti rilevanti su investimenti e produttività. 

E’ da apprezzare la buona volontà e il senso di responsabilità che animano questa iniziativa della Commissione europea, ma non va dimenticata né la mancanza di strumenti europei, bilancio comunitario compreso, per sostenere efficacemente queste indicazioni politiche, né la profondità del tema della natalità che affonda le sue radici in incertezze progettuali personali e in un contesto politico ed economico che raffredda le speranze e gli impegni delle giovani generazioni sulle quali pesa il buio di un mondo sempre meno accogliente e pacifico.

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