OCSE: crescono le disparità tra le regioni, serve un approccio integrato

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Secondo l’edizione 2014 del Rapporto sulla situazione delle diverse regioni dei Paesi membri (Outlook Regional 2014), continuano a registrarsi divergenze in aumento tra gli standard di vita delle diverse aree geografiche.

Nella metà dei 34 Paesi OCSE il divario tra regioni più ricche e regioni più povere ha raggiunto oggi i livelli più significativi dall’inizio della crisi del 2008.

In dieci Paesi l’aumento della disoccupazione rilevato a livello nazionale si concentra in una sola regione e le diseguaglianze nella ripartizione del reddito si registrano soprattutto nelle grandi città, dove per altro vive la stragrande maggioranza della popolazione (due abitanti su tre) e rispetto alle quali l’OCSE raccomanda i maggiori sforzi perché, si legge nel Rapporto «città  ben gestite possono migliorare l’efficienza e la produttività sia all’interno dei loro confini sia nelle zone limitrofe». Tra le priorità di azione suggerite dall’OCSE figurano, quindi i trasporti pubblici e la sicurezza delle strade (per ridurre i tempi di pendolarismo) e il miglioramento dell’accesso ai servizi essenziali.

Ancora una volta il Rapporto OCSE sottolinea il pesante impatto della crisi economica nelle dinamiche di allontanamento tra regioni più ricche e regioni più povere: le  une si sono ulteriormente allontanate dalle altre, continuando un trend già registrato sin dal 2008; le distanze non sono cresciute soltanto in quei Paesi in cui anche le regioni più ricche e avanzate hanno rallentato il passo e segnato risultati modesti in termini di sviluppo: vi è quindi un livellamento verso il basso che l’OCSE segnala con preoccupazione.

Altro elemento che ha impattato fortemente sulla divergenza tra regioni è, secondo l’OCSE «il cambiamento di orientamento delle politiche fiscali» che ha condotto a tagli netti negli investimenti pubblici» (-13% nel periodo 2009 – 2012) che, anche se realizzati nella prospettiva di preservare l’esistente in termini di servizi e trasferimenti hanno di fatto pregiudicato la crescita e quindi il futuro dei trasferimenti e dei servizi stessi.

Nelle conclusioni del Rapporto vene ricordata in tal senso, la Raccomandazione adottata dal Consiglio OCSE nel marzo 2014 in tema di «investimenti pubblici efficaci in tutti i livelli di amministrazione», i cui principi «aiuteranno i governi a valutare i punti di forza e le debolezze della propria capacità d’investimento pubblico e a definire le priorità volte al miglioramento».

Una sottolineatura critica riguarda anche le molte riforme della governance sub – nazionale varate in ossequio a cambiamento delle politiche fiscali. «Queste riforme – scrive OCSE – sono state in parte motivate dalla necessità di realizzare economie di scala e altri risparmi sui costi, ma sono state anche uno strumento per delegare ulteriori responsabilità».

La crisi ha messo in risalto i limiti delle valutazioni del progresso sociale basate esclusivamente su un’analisi economica, evidenziando l’opportunità di utilizzare un sistema più ampio di misurazione del benessere che deve essere gestito a livello e su scala regionale, al fine di tenere nella dovuta considerazione le disparità che si registrano all’interno di uno stesso Paese che sono spesso più marcate di quelle esistenti tra regioni di Paesi diversi

Proprio a partire dall’utilizzo di un sistema di indicatori più complesso e non basato soltanto su grandezze economiche, il Rapporto OCSE, perviene alla conclusione che «i Paesi con le più ampie disparità nell’accesso all’istruzione, ai posti di lavoro e ai principali servizi, tendono anche a registrare i livelli complessivi di benessere inferiori».

Di fronte al quadro che emerge dal Rapporto, l’OCSE, sottolinea la necessità di «adottare approcci efficaci, che tengano conto delle realtà locali», del differente impatto che possono avere a livello locale le barriere alla crescita, dei compromessi raggiungibili a livello locale, della complementarietà tra gli obiettivi delle diverse regioni.

Per ridurre le disparità, inoltre, il Rapporto sottolinea l’importanza delle interazioni tra obiettivi economici, ambientali e sociali e invita i policy makers a «guardare oltre i confini amministrativi per tenere conto della dimensione geografica reale delle difficoltà che intendono risolvere», senza per altro moltiplicare all’infinito il numero di livelli di amministrazione ma, piuttosto, puntando su «dati, strumenti e istituzioni capaci di facilitare il coordinamento verticale e orizzontale su diverse scale».

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