Non cambia, almeno per ora, il colore della bandiera dell’Unione Europea: restano le dodici stelle dorate su un un cielo azzurro, anche se di questi tempi qualche nuvola non sarebbe di troppo. Raccontano storie diverse le bandiere di due suoi Paesi importanti, quelle del motore franco-tedesco, da sempre nel cuore del progetto di integrazione europea e oggi pericolosamente ingolfato.
Dopo il primo turno delle elezioni legislative francesi di domenica 30 giugno qualcosa è già provvisoriamente cambiato nella bandiera nazionale della Francia: la banda che già era di un blu scuro è diventata nera, quella rossa ha preso una tonalità più accesa, mentre al centro è ulteriormente impallidita, rimpicciolendosi, la banda bianca centrale dell’area macroniana.
Fuor di metafora, il risultato del voto al primo turno ha registrato un 33% alla destra estrema del “Rassemblement national” di Marine Le Pen e di Jordan Bardella, il 28% alla sinistra variamente aggregata nel “Nuovo Fronte Popolare”, con netta prevalenza della “France insoumise” di Jean-Luc Mélenchon e quello che resta di un variegato centro, macroniani compresi, con il 21%.
Non ci sono novità per i colori della bandiera della Germania dopo le elezioni europee, salvo le già accresciute dimensioni, con il voto europeo, della banda superiore di colore nero, non a caso sovrastante la banda rossa: una traduzione plastica del sorpasso dell’estrema destra di Alternative fur Deutschland (AFD), con venature naziste, rispetto al colore dei socialdemocratici, a cui non è bastato avere un Cancelliere alla testa del governo per non essere retrocessi in seconda posizione.
Queste due bandiere annunciano rimescolamenti dei colori politici in vista anche per la bandiera dell’Unione, non tanto nel nuovo Parlamento europeo, quanto piuttosto nella nuova mappa di governi che ne sono l’asse portante, in attesa di capire quale sarà la variazione della banda verde della bandiera italiana che già non si è poco scurita in questi ultimi due anni.
E ancora presto per un fermo-immagine di queste bandiere agitate dai venti della politica. Per la Francia meglio aspettare il secondo turno della consultazione elettorale il prossimo 7 luglio; per l’Unione Europea, è atteso il voto il 18 luglio al Parlamento per la candidatura alla presidenza della Commissione e per la Germania gli esiti delle elezioni amministrative non lontane e di quella federale nel settembre del prossimo anno, mentre per l’Italia nuovi segnali potrebbero giungere dalle prossime elezioni amministrative.
Intanto già qualcuno teme che a novembre la bandiera americana farà “vedere le stelle” all’Europa, ma già in settimana è probabile che la bandiera britannica metta una croce sul partito conservatore portando, dopo il 4 luglio, al governo i laburisti e, forse un giorno, i sudditi di Sua Maestà a riattraversare la Manica.
Non ci sarà da annoiarsi in questa parte dell’Occidente nei mesi che verranno; ci sarà invece da tenere gli occhi bene aperti per mantenere la rotta in probabili mari in tempesta e non finire preda di vascelli con bandiere corsare, magari in uscita anche dai nostri porti.
Sicuramente la situazione è molto più complessa e mutevole di come possano raccontarla le nostre bandiere, ma già questa loro centralità è un segnale da non sottovalutare. Viviamo in Europa una stagione che vede il ritorno delle bandiere nazionali e non solo nelle competizioni sportive, molto di più in quelle politiche, economiche e commerciali che rischiano di sfilacciare ulteriormente la bandiera dell’Unione e spegnere le stelle che ci hanno guidato in tutti questi anni, prima di crisi economico-finanziarie, poi nella traversata della pandemia e adesso nella notte delle guerre.