Nostalgie imperiali

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“Andare CONTROMANO è rischioso, ma si vede la gente in faccia”

Se qualcuno avesse ancora dubbi sul peso della storia nell’attualità che viviamo, potrebbe aiutarlo a chiarirli quanto sta avvenendo nei Paesi dell’Europa orientale, più sedotti dal passato del nostro travagliato continente che dal futuro dell’Unione Europea. L’ultimo segnale arriva dalle recenti elezioni in Ungheria con il successo di Viktor Orban, campione di nazionalismo e di ossessioni identitarie, già presenti da tempo in Paesi limitrofi come la Polonia e l’Austria e, tragicamente alla fine del secolo scorso, nella dissoluzione della ex-Jugoslavia. Quando la storia torna ad agitarsi è utile tornare a guardare le carte geografiche e raffrontare quelle di ieri con quelle di oggi. Se ne ricava una singolare sovrapposizione con quello che fu, dalla seconda metà dell’Ottocento, l’impero austro-ungarico dissoltosi cento anni fa con la fine della Prima guerra mondiale. Si agita da sempre in quell’area un groviglio inestricabile di nazionalità, che gli imperi del passato hanno tenuto provvisoriamente a bada prima di arrendersi, non senza conflitti armati. Ha scritto Marx che “la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa”. E’ andata così con il primo impero austro-ungarico, c’è da sperare che finisca in farsa il secondo che si profila. Perché altrimenti potrebbe trascinare nella sua distruzione anche il fragile “impero” in costruzione dell’Unione Europea, con il suo progetto di società aperta e multiculturale, con l’obiettivo di affiancare alle sovranità nazionali una più forte sovranità europea. Un disegno che a Orban e compagnia appare un incubo da scongiurare in nome della patria e di una pretesa identità cristiana, minacciata dall’invasione musulmana. Quasi che i Turchi fossero di nuovo alle porte di Vienna, come nel lontano 1529, per poi occupare l’Ungheria.

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